Gioco d’azzardo: il dramma nascosto dietro lo schermo

Gioco d’azzardo: il dramma nascosto dietro lo schermo

Sempre più giovani, inghiottiti dal vortice del gioco d’azzardo, cadono nella trappola. Clic dopo clic, una scommessa dopo l’altra, inseguono l’illusione di poter vincere, di ribaltare il proprio destino, di dominare una partita truccata. Quello che credono essere solo un gioco si trasforma, però, in un abisso senza fine. Questi ragazzi finiscono stritolati in un ingranaggio che non perdona, che risucchia ogni risorsa: economica, sociale, personale.

Non è solo un fenomeno legato alla fragilità individuale: è un dramma collettivo, un cancro che si espande silenziosamente. E la provincia di Frosinone non fa eccezione. Lo conferma la ricerca dell’Università di Cassino, realizzata dal Laboratorio di Ricerca Sociale diretto dal professor Maurizio Esposito. Dati durissimi, che ci sbattono in faccia una realtà allarmante. L’indagine evidenzia come il gioco d’azzardo stia corrodendo non solo chi vive già ai margini, ma anche giovani. Giovani che, a causa della crisi economica e lavorativa, vedono nella vincita facile un’uscita dalla disperazione. È una discesa lenta e inesorabile, spesso nascosta anche a chi è vicino.

Il click della rovina

C’è un dato che fa impressione. Dopo la pandemia, il gaming online è esploso con un aumento del 130%. Mentre le vecchie slot machine perdono terreno, i giochi e le scommesse online crescono a dismisura. Nel 2023, le somme giocate dagli italiani sono arrivate a rappresentare il 16% del reddito imponibile. Un dato che parla chiaro: i giovani italiani fra i 25 e i 34 anni hanno aperto oltre un milione e duecentomila conti gioco online. Un milione di vite potenzialmente a rischio di essere rovinate. E il vero pericolo? La dipendenza da gioco online è subdola, nascosta, lontana dagli occhi di chi potrebbe intervenire. I genitori, gli amici, non vedono. I giocatori sono soli, davanti a uno schermo che inganna e che non lascia scampo. Quello che sembra un passatempo innocente, si rivela una trappola inesorabile. E troppo spesso, quando se ne rendono conto, è già tardi.

Servono risposte nuove

Il primo punto di riferimento anche per le persone con dipendenza da gioco è il Servizio per le Dipendenze della Asl. In provincia ce ne sono quattro: a Frosinone, Cassino, Sora e Ceccano. Ma serve fare di più. Per questo dal 1° settembre, in collaborazione con il Ser.D. di Cassino e la Asl di Frosinone, abbiamo attivato un nuovo Centro Diurno per le dipendenze comportamentali, incluso il gioco d’azzardo. Un rifugio per chi non sa più come uscire dal tunnel. Un luogo dove chi soffre può trovare un programma di riabilitazione, dove affrontare la propria dipendenza con il supporto di professionisti, attraverso psicoterapia, sport e sostegno. Un luogo dove tornare a respirare. In realtà già da due anni, in collaborazione con il Consorzio per i Servizi sociali, è stato attivato un gruppo di auto aiuto per giocatori problematici che finora ha coinvolto una trentina di persone. Ma c’è ancora tanto da fare per sensibilizzare il territorio di fronte a questa piaga sociale.

Un problema che riguarda tutti

Siamo di fronte a una battaglia che la società non può più ignorare. Non è più possibile chiudere gli occhi. Serve un’azione collettiva, che parta dall’educazione nelle scuole e arrivi alla regolamentazione dell’offerta di gioco. Troppe sale giochi, troppi luoghi di tentazione a portata di mano. Dal punto di vista medico e della salute mentale non possiamo permettere che i bar e i tabaccai diventino luoghi di perdizione. Ben vengano posti dedicati esclusivamente al gioco ma fuori dai centri abitati. La recente introduzione delle nuove linee guida per l’educazione civica nelle scuole parla finalmente di prevenzione delle dipendenze: prendiamo la palla al balzo. Immaginate l’impatto che avrebbe un’ora di educazione civica passata in una comunità come Exodus, a contatto con chi ha toccato il fondo. Sarebbe un’esperienza formativa, reale, che colpirebbe al cuore. Solo così possiamo davvero sperare di prevenire il disastro.
Ludopatia: una nuova risposta da Exodus Cassino

Ludopatia: una nuova risposta da Exodus Cassino

Image by freepik
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Intervista di Carmela Di Domenico per Ciociaria oggi di lunedì 16 settembre 2024

Sempre più giovani inghiottiti dal gioco d’azzardo, spesso a portata di click. Inseguendo l’illusione di farcela, di poter pianificare una vincita, di mantenere il controllo. E che invece finiscono stritolati dagli ingranaggi di quella che è una vera e propria dipendenza. Così se l’Università di Cassino con lo studio realizzato dal laboratorio di Ricerca Sociale, ha “ristretto” l’età delle vittime del gioco d’azzardo, l’analisi del Responsabile di Exodus, Luigi Maccaro, ha allagato le maglie. Anzi, in realtà, le maglie sono così tanto larghe che si è reso necessario dal 1° settembre dare il via ad un nuovo Servizio, promosso in collaborazione con il Ser.D. di Cassino e la Asl di Frosinone: un centro diurno per le dipendenze comportamentali, in cluso il gioco d’azzardo. Una comunità semiresidenziale dove i dipendenti da gioco possono seguire un programma di riabilitazione.

Dipendenza da gioco d’azzardo. A gennaio il report della arcidiocesi di Gaeta indicava Coreno “sul podio” con un primato tutt’altro che positivo. Una situazione non dissimile da quella di altri Comuni del Cassinate… A che punto siamo ora?

La situazione nel Cassinate, purtroppo, resta preoccupante. La recente ricerca dell’Università di Cassino, realizzata dal Laboratorio di Ricerca Sociale diretto dal prof. Maurizio Esposito, ha messo in luce dati significativi sul gioco d’azzardo nella provincia di Frosinone. L’indagine ha contribuito a definire e quantificare il fenomeno, evidenziando come molti giocatori tendano a sottovalutare la gravità della loro situazione, fino a trovarsi costretti a chiedere aiuto per problemi economici o sanitari. Interessante è anche la correlazione tra bassa scolarizzazione e frequenza del gioco, così come l’aumento del fenomeno tra giovani adulti, tra i 18 e i 35 anni, a causa della crisi economica e lavorativa..

Giochi d’azzardo sempre più a portata di click. Quanto pesa la dipendenza “telematica”?

È impressionante la crescita del gaming online post pandemia: +130%. Mentre il canale fisico, le vecchie slot machine per intenderci, è calato di oltre l’8%. Non solo: le somme giocate dall’italiano medio nel 2023 sono arrivate al 16% del reddito imponibile dichiarato (erano l’11% nel 2019). I dati ufficiali segnalano che nel 2022 i giovani italiani fra i 25 e i 34 anni, hanno aperto oltre un milione e duecentomila conti sulle piattaforme di gioco online. La facilità con cui si può accedere a piattaforme online, specialmente via smartphone, ha aumentato il rischio, soprattutto tra i giovani e le persone che già vivono in isolamento. Questo tipo di dipendenza è spesso più difficile da individuare perché avviene lontano dagli occhi di chi potrebbe intervenire, come familiari o amici.

Exodus è sempre in prima linea quando si parla di prevenzione. Con progetti rivolti alle comunità locali, prima di tutto per informare. Ma per quelli che hanno già il problema?

Intanto il primo punto di riferimento è il Ser.D. Ormai da qualche anno, in collaborazione con il Consorzio dei Servizi Sociali, portiamo avanti il progetto “A che gioco giochiamo?” che prevede incontri di informazione nei 26 Comuni, Centro di ascolto e orientamento, Gruppo di auto aiuto per giocatori problematici (Qui la pagina web dedicata al progetto “A che gioco giochiamo?”). Ma dal 1° settembre c’è un nuovo servizio, promosso in collaborazione con il Ser.D. di Cassino e la ASL di Frosinone: un Centro diurno per le dipendenze comportamentali, incluso il gioco d’azzardo. Una comunità semiresidenziale, aperta tutti i giorni dalle 9 alle 17 dove i dipendenti da gioco possono seguire un programma di riabilitazione che utilizza tanti strumenti, dalla psicoterapia allo sport. (Qui la pagina web dedicata al Centro diurno Exodus Cassino)

Spesso si tende a minimizzare, invece è una dipendenza su cui intervenire in modo professionale. Chi chiede aiuto? Le famiglie o le persone interessate?

La maggior parte delle volte sono le famiglie a chiedere aiuto per primi, quando si rendono conto del problema. Tuttavia, anche le persone direttamente coinvolte cercano sempre più spesso supporto, soprattutto quando iniziano a vedere gli effetti negativi sul loro benessere economico e sociale. È fondamentale un intervento professionale per evitare che la situazione degeneri ulteriormente.

Vi sono storie più di altre che possono essere sintomatiche della situazione vissuta nel Cassinate?

Mi ha colpito di recente la storia del centrocampista della Juve Nicolò Fagioli. Una persona giovane, famosa e ricca che chiede aiuto è uno sprone per tutti quei giocatori che hanno paura, si vergognano e non riescono a chiedere aiuto. Di storie così ce ne sono tante anche da noi. Parlano di persone fragili, vulnerabili, vittime di un’offerta di gioco incredibilmente esagerata. Quello che serve è una legge capace di restringere quest’offerta. Bisogna diminuire gli orari, allontanare i luoghi del gioco da abitazioni, scuole, uffici. Bisogna togliere il gioco dai bar e dai tabaccai creando degli esercizi commerciali riservati al gioco fuori dalla portate delle persone fragili.

La società cosa deve fare?

La società deve affrontare il problema a partire dall’educazione. Da quest’anno scolastico sono entrate in vigore le nuove linee guida per l’educazione civica. Fra le altre cose c’è un’attenzione particolare alla prevenzione e al contrasto delle dipendenze derivanti da droghe, fumo, alcool, doping, uso patologico del web, gaming e gioco d’azzardo. Sarebbe molto bello che qualche scuola decidesse di portare gli studenti a Exodus per un’ora di educazione civica: potrebbe essere molto, molto formativa! (Qui la proposta formativa per gli studenti “Un giorno in Comunità”).

Solitudine e fragilità: l’ombra nascosta della generazione iperprotetta

Solitudine e fragilità: l’ombra nascosta della generazione iperprotetta

Diciassettenne pluriomicida: solitudine e fragilità opprimono gli adolescenti di oggi, generazione iperprotetta vittima di un mondo virtuale che alimenta fragilità e isolamento.

Stavolta la droga non c’entra, l’alcol non c’entra, la malattia mentale non c’entra. Non c’è bullismo, non c’è separazione dei genitori, non c’è abuso di social, anzi. Riccardo, 17 anni, era studioso, serio, sportivo, tranquillo e con la fidanzata. Ma si sentiva solo. La solitudine lo opprimeva. In mezzo agli altri si sentiva un corpo estraneo e così era pure in famiglia. Da qualche giorno gli girava in testa uno stesso pensiero: eliminare quelli che non lo capivano. Quelli che avrebbero dovuto essere motivo di gioia, di sicurezza, di protezione: la famiglia. E che invece nella sua testa rappresentavano il contrario, il motivo del suo disagio. (Leggi qui: Strage in famiglia, il ragazzo al pm: ‘Vivo un malessere’ ma era lucido. Nessun movente accertato).

Il disagio

Quello stesso disagio che ogni adolescente affronta ogni giorno e di fronte al quale ogni genitore è costretto a domandarsi dove ha sbagliato, cosa è andato storto, cosa sarebbe potuto andare diversamente. Mentre i ragazzi pensano a come liberarsi da quell’oppressione, Riccardo covava l’assurda idea omicida che partiva da un pensiero ossessionante: «Non avevo un vero dialogo con nessuno. Era come se nessuno mi comprendesse». Per tanti ragazzi la fuga dal disagio si trasforma in bullismo, uso di alcol e droghe, abuso di internet e videogame. Per altri invece, forse come Riccardo, sempre di più negli ultimi anni, la fuga dalla realtà diventa una specie di auto condizionamento mentale che diventa ansia, attacchi di panico, angoscia immotivata. (Leggi qui: Occhi chiusi per non vedere la droga che uccide i nostri ragazzi).

La generazione ansiosa

I nostri adolescenti sono quelli che hanno chiuso l’epoca del gioco e hanno aperto l’epoca dello smartphone. Hanno cambiato completamente il modo di essere bambini e ragazzi. Si immergono per ore nel mondo virtuale fatto di immagini e video che rimandano un messaggio denominatore comune: la felicità non è dove sei tu, è qui dove stiamo girando questo video. E tu non ci sei. Da qui nasce l’ondata di ansia, depressione, disturbi alimentari, istinti autolesionisti e suicidari. L’ondata di malattia mentale che investe il mondo degli adolescenti da dieci anni a questa parte.

Dalla scoperta della vita alla difesa dalla realtà

Prima i ragazzi erano presi dalla voglia di scoprire la vita, avevano fretta di diventare adulti, conoscendo il mondo conoscevano sé stessi e sbattendo il muso contro le illusioni intanto si rinforzavano e si preparavano alla vita adulta. Poi sono diventati grandi e sono diventati genitori e sono diventati protettivi, anzi, iperprotettivi. Oggi possiamo localizzare in qualunque momento i nostri figli e, volendo, potremmo attivare da remoto il microfono del loro telefono per ascoltare quello che gli succede intorno, con chi parlano e di cosa parlano (Leggi qui: Cellulari fuori, educazione dentro. Adulti sotto esame). Quando però girano per 7/8 ore al giorno su internet, non sappiamo dove vanno, cosa vedono e cosa leggono. Ci piace pensare che stando sul letto della loro camera non corrano nessun rischio. Nel frattempo quella voglia di scoprire il mondo si è trasformata in necessità di difendersi da tutto. Tutto è un pericolo, tutto è una minaccia. Anziché cercare nuove esperienze cercano di difendersi dall’ansia.

Parliamone

Chi ha tolto ai nostri figli la fiducia nel futuro? E nel prossimo? Chi ne ha fatto una generazione di persone fragili e apprensive? Chi gli impedisce di affrontare rischi ed emozioni, di imparare a dominare le proprie paure, di sviluppare quelle capacità di affrontare i problemi e le conseguenze del loro agire? Siamo noi genitori, resi ansiosi a nostra volta dalla società della paura nella quale viviamo, dove certa politica e certa comunicazione ci hanno insegnato a prendere le distanze da tutto ciò che è altro da noi. E così ci ritroviamo figli spesso incapaci di badare a sé stessi, incapace di gestire conflitti e frustrazioni. Fragili e soli, come Riccardo. Non ci sono soluzioni drastiche efficaci, non ci sono ricette, ogni adolescente è una foresta di sentimenti, ogni famiglia è un mondo a parte. Ma bisogna parlarne, confrontarsi, non avere paura. Provare con fiducia a darsi delle regole, accettare il conflitto coni figli, consapevoli che è proprio dentro al conflitto che i figli si rafforzano. Nel confronto che, scoprendo le differenze, imparano a conoscere sé stessi. Senza darsi obiettivi stupidi come assomigliare alla famiglia del Mulino Bianco. A Riccardo non è servito. Non serve a nessuno.

(Foto di Copertina © freepik)