Il mio intervento in apertura della Manifestazione di solidarietà al popolo ucraino del 24 febbraio 2024 a Cassino

Benvenuti tutti, ma soprattutto GRAZIE!

Grazie ai Sindaci e agli amministratori presenti, agli insegnanti e agli studenti, alle famiglie, agli amici della comunità ucraina presente sul nostro territorio e a tutti voi che siete qui oggi.

Grazie alle organizzazioni che in pochi giorni hanno organizzato questo momento affinché possa essere per ciascuno di noi il seme della pace possibile. Grazie al Comitato promotore di cui fanno parte gli scout, la Caritas, la Cgil, il Centro dei diritti, il Centro Sportivo Italiano e Exodus.

Oggi siamo qui perché non potevamo non essere qui a testimoniare la nostra vicinanza, la nostra solidarietà, la nostra compassione ai nostri fratelli ucraini vittime della sciagurata e crudele invasione del loro Paese da parte della Russia. Una invasione che ha portato sofferenze, crimini, sangue difficili da sostenere per gli occhi e per il cuore.

Sul corpo della “martoriata Ucraina” – così la chiama Papa Francesco -, sul corpo dei suoi cittadini, si sono consumate ogni tipo di atrocità. Dall’uso di torture e violenze, all’uso di ordigni vietati dalle convenzioni internazionali. Si sono colpite deliberatamente le infrastrutture, le scuole, gli ospedali, le centrali elettriche, che permettono la vita normale delle persone.

Quasi 8 milioni di ucraini sono stati costretti a fuggire all’estero e più di 6 milioni hanno lasciato le proprie case per cercare riparo in regioni dell’Ucraina meno soggette agli attacchi missilistici quotidiani.

Decine di migliaia di ragazzi – ucraini e russi – sono morti negli scontri: la stima è di almeno 200 mila vittime, 200 mila ragazzi che non potranno provare a realizzare i loro sogni.

La Russia si è trasformata in un feroce Stato di polizia, in una sterminata caserma, dove si arrestano migliaia di cittadini se si pronuncia la parola guerra invece che “operazione speciale”. Uno Stato da cui i migliori scappano.

Ma questo anno trascorso da quel 24 febbraio del 2022 non ci restituisce solo questo catalogo degli orrori. In quei giorni terribili, come Istituzioni, come organizzazioni del Terzo settore, come famiglie di questa Città martire della seconda guerra mondiale ci siamo detti: «C’è una sola cosa da fare: abbracciare le vittime, soccorrerle, aiutarle, prenderle per mano, accoglierle». Tantissimi lo hanno fatto a Cassino, nei Comuni vicini, in Italia e in Europa.

Un’infinità di bene, di azioni che hanno avuto ed hanno il merito, non solo di sostenere le vittime ma anche di indicare la strada per un futuro migliore, non più di guerra ma di pace e di fraternità. Una fraternità ancora lontana ma che si comincia ad intravedere.

In queste azioni pacifiche, nonviolente e solidali sta il seme di una pace possibile, in queste iniziative dal basso, nell’assenza delle Istituzioni internazionali, sta il segno di una speranza praticabile. Una speranza che non lascia il campo solamente all’odio che continua a crescere a dismisura.

Noi cittadini di questa città di Cassino, città Martire, dobbiamo sempre domandarci che cosa significa essere uomini e donne di pace. Cosa significa educare alla pace e cosa significa costruire la pace. Perché la pace non è un dato di fatto immutabile, lo abbiamo visto, la pace richiede la ricerca continua della pace stessa.

Come cittadini europei, vogliamo riconoscerci reciprocamente come costruttori di pace e di relazioni nuove, più umane e profonde.

60 anni fa, Giovanni XXIII, nella Pacem in terris, scritta mentre la crisi dei missili a Cuba stava per aprire le porte ad una guerra nucleare, diceva che la Pace deve basarsi su 4 pilastri: verità, libertà, giustizia e solidarietà. Questo anno trascorso dall’inizio della guerra conferma la necessità di tornare a quella visione.

Oggi siamo qui per dire “Basta guerra!” E lo facciamo con le parole di Papa Francesco: «In nome di Dio e in nome del senso di umanità che alberga in ogni cuore, rinnovo il mio appello affinché si giunga subito al cessate-il-fuoco. Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili. E tali saranno se fondate sul rispetto del sacrosanto valore della vita umana, nonché della sovranità e dell’integrità territoriale di ogni Paese, come pure dei diritti delle minoranze e delle legittime preoccupazioni».

Scriveva Hannah Arendt per raccontare la sua sofferenza di rifugiata: «Abbiamo perso la nostra dimora, vale a dire l’intimità della vita quotidiana. Abbiamo perso il nostro lavoro, cioè la fiducia di essere di qualche utilità nel mondo. Abbiamo perso la nostra lingua, ossia la naturalezza delle reazioni, la semplicità dei gesti, abbiamo lasciato i nostri parenti, mentre i nostri migliori amici sono stati assassinati».

È la stessa sofferenza delle donne ucraine, fuggite dalla guerra con i loro figli. A quelle donne noi oggi torniamo a dire: «Cassino – e non solo Cassino – è casa vostra, finché vorrete, finché ne avrete bisogno».

Questa mattina il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha detto: “La pace richiede una grande opera per conseguirla, ripristinarla, consolidarla. Ma la pace non è soltanto frutto degli accordi tra governi, la pace è anche frutto dei sentimenti dei popoli, di come all’interno di essi si vive e ci si esprime”. E noi siamo qui oggi proprio per esprimere quel sentimento!

Quello che ci unisce è la speranza di cui vogliamo essere costruttori. Per questo chiediamo che tutte le Istituzioni si facciano promotrici, in Europa, dell’apertura di un negoziato di pace concreto. Questo è il messaggio della nostra piazza, convinti che non esistano guerre giuste, perché solo la pace è giusta.

La pace che comincia dentro le nostre case, nei nostri gesti quotidiani, nel lavoro quotidiano delle nostre associazioni.

Perché se la guerra la fanno gli eserciti, la pace, insieme, la facciamo noi!

Grazie a tutti!