Dopo il Decreto “Cutro” arriva il Decreto “Caivano” con le “misure urgenti per il contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile”.
Il Governo mostra il pugno duro verso gli adolescenti che delinquono e verso le famiglie che non li mandano a scuola. Diciamo che un po’ di ragazzi nella mia vita li ho incontrati e ho conosciuto molte situazioni di degrado, povertà, brutalità, illegalità diffusa, abbandono della scuola, assenza delle istituzioni. In tante periferie del nostro Paese è così e spesso l’unica presenza significativa è quella di parroci, educatori di strada, cittadini di buona volontà, insegnanti e assistenti sociali.
Le storie delle persone che ho incontrato mi portano a credere che la paura delle pene più aspre non ha mai fermato nessuno. Anche perché poi siamo bravi a fare le regole, un po’ meno a farle rispettare.
A quelli che ragionano con la pancia viene facile dire che ci vogliono punizioni più dure ma la radice dei problemi resta esattamente dov’è.
E il problema è tutto sociale: quartieri degradati, case fatiscenti, famiglie povere, offerta culturale pressoché inesistente, mancanza di mezzi pubblici.
Per affrontare il disagio minorile ci vuole la scuola, l’oratorio, i centri sportivi, le associazioni culturali, i servizi sociali ed educativi, le imprese socialmente responsabili.
Mi viene da sorridere quando leggo che verranno punite le famiglie che non mandano i figli a scuola! Molti di quei genitori stanno già scontando pene per spaccio, rapina e compagnia bella. I ragazzi che vengono puniti, anche col carcere, a cui non si fa una proposta alternativa, si incattiviscono ancora di più.
Serve più welfare non più carcere. Servono politiche sociali, educative, culturali per colmare le disuguaglianze che fanno delle nostre periferie riserve di emarginazione e di povertà.
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