Il carcere e la città

Il carcere e la città

Ventuno anni, poco più che adolescente. Questa l’età di ragazzo morto nel carcere di Frosinone qualche giorno fa. Ha inalato il gas di una bomboletta da campeggio e sembra improbabile che possa averlo fatto per errore. Un’indagine con cui accertarlo è stata aperta dalla procura del capoluogo. Dunque potrebbe trattarsi del quarantottesimo suicidio nelle carceri italiane di quest’anno. Ma ad oggi siamo già a 50 casi e in questi primi sei mesi del ‘24 ce ne sono anche 5 che riguardano gli agenti di custodia. Il mondo delle politiche sociali deve interrogarsi, oggi più che mai, su come ridare dignità alle persone detenute.

Lo “svuota-carceri”

Mentre scrivo il Ministro Nordio presenta in Consiglio dei Ministri il decreto “svuota-carceri” con sconti di pena e facilitazioni per le misure alternative ma il sovraffollamento non è l’unico aspetto. Il vero punto, che anche questo decreto non prova nemmeno ad affrontare, è la funzione rieducativa della pena, per la quale servirebbero educatori (appunto!), psicologi, scambio con le realtà (accreditate!) del Terzo settore.

Un mondo a parte

Entro in carcere da tanti anni per incontrare detenuti con problemi di tossicodipendenza. Con loro si incontra un mondo profondamente complesso, fatto di cancelli pesanti che ti si chiudono alle spalle ad ogni corridoio. Ma anche di persone che vivono o lavorano immerse in una dimensione parallela a quella della normalità.

Cassino, Frosinone, Regina Coeli, Rebibbia, Poggio reale, Nisida: il carcere è un mondo a sé stante dove il tempo ha senso solamente nell’attesa del fine penaNon è un tempo di ricostruzione, non è un tempo di conversione, non è un tempo di rieducazione, non è un tempo di cura. Perlomeno nella stragrande maggioranza dei casi. Anche a causa della mancanza di personale.

Eppure, non occuparsi della rieducazione dei detenuti, della ricostruzione delle loro abilità sociali, dei loro percorsi formativi e di reinserimento lavorativo è il più grande danno che la società possa fare a sé stessa perché quando il detenuto esce dal carcere non ha nessuna opportunità che gli impedisca di tornare a delinquere. Non ha paura di tornare in carcere perché non ha nulla da perdere.

Il “doppio fardello”

A maggior ragione se vive una condizione di salute compromessa come il disagio psichico, la tossicodipendenza, le varie forme di disturbo della personalità. La sanità penitenziaria è lontana anni luce dalla possibilità di prendere in carico realmente la sofferenza di queste persone.

Nel libro “Il doppio fardello” il professor Maurizio Esposito, partendo da un lavoro di ricerca molto approfondito, mette a nudo tutti i limiti del sistema penitenziario sul tema del diritto alla salute di persone alle quali non solo è negata la libertà ma anche la cura di malattie croniche che, di fatto, pregiudicano le relazioni e le prospettive future. Occuparsi della loro salute è il primo modo per ridare dignità alle persone detenute.

In un’intervista Giovanni Maria Flick (ex ministro di Giustizia e presidente della Corte Costituzionale) ricorda che “il carcere viene considerato un mondo a parte, poroso ma impermeabile a qualsiasi forma di cambiamento; uno strumento di reazione alla paura del diverso”. Invece di essere utilizzato come extrema ratio, per casi particolarmente gravi è lo strumento per risolvere problemi ordinari. A parere del giurista si continua a perseguire la strada del “carcere a ogni costo” e “ci si dimentica dei diritti e della dignità del detenuto, oltre che della funzione educativa della pena”. Aggiunge: “Ma c’è un principio che spesso viene dimenticato: è la pari dignità sociale, la quale non esclude nessuno, neanche i detenuti; neanche i condannati per i reati più gravi. È una dignità che spesso viene negata nei fatti che sembrano rendere impossibile un carcere diverso da quello attuale”.

Dignità alle persone detenute

Eppure iniziative innovative e molto interessanti si intravedono all’orizzonte come ad esempio la  collaborazione tra l’Università e il Carcere di Cassino che ha portato l’anno scorso il primo detenuto al conseguimento della laurea triennale in Servizi giuridici. Il progetto “Università in carcere” sta a dimostrare che i muri si possono superare. Così come numerosi sono i Volontari che intraprendono iniziative di solidarietà verso i detenuti.

Nella nostra provincia esistono tre istituti penitenziari, Frosinone, Cassino e Paliano, nei quali gli operatori della sicurezza, gli operatori sanitari e i volontari vivono più o meno gli stessi problemi. 

Mi domando se non possa avere senso costituire un Coordinamento “Carcere e città”. Gli Assessori alle politiche sociali dei 3 Comuni interessati potrebbero animare questo tavolo per dare maggiore incisività alle iniziative che hanno al centro i detenuti, le loro famiglie, le condizioni di vita in carcere e i difficili percorsi di reinserimento. Non il carcere dove ognuno coltiva il proprio orticello, bene sicuramente, ma il carcere dentro alla città dove fare rete significa che gli operatori possono aiutarsi tra di loro, scambiare buone pratiche, che i detenuti possono contare sul sostegno integrato di varie realtà, istituzionali e del privato sociale, dove la speranza possa trasformarsi in certezza di impegno corale per ridare dignità alle persone detenute. 

È chiaro che disperazione e solitudine diventano facilmente terreno fertile per gesti estremi ma non possiamo sopportare che in Italia, finire in carcere debba significare morte della propria dignità di essere umano.

Alla Camera con Paolo Ciani

Alla Camera con Paolo Ciani

La delegazione di Demos – Democrazia Solidale della provincia di Frosinone alla Camera dei Deputati con l’on.le Paolo Ciani. L’ingresso di Barletta e Cerqua. Il protagonismo del gruppo giovani.

Il coordinamento provinciale di Frosinone di Demos – Democrazia Solidale, è stato ricevuto ieri a Roma, presso la Camera dei Deputati, dal segretario nazionale on.le Paolo Ciani.

«Vi ringrazio molto per il lavoro che state svolgendo – ha detto in apertura il segretario nazionale – e la crescita di Demos in quel territorio è il segno che state lavorando bene. Credo che abbiamo davanti la sfida importante del rilancio di una Provincia che sta soffrendo troppo e da troppo tempo. E questa sfida dobbiamo affrontarla insieme. Penso ai segnali di impoverimento della realtà industriale di quel territorio e spero che le Istituzioni regionali e nazionali sapranno dare segnali concreti di sostegno alle Imprese. Così come penso – ha continuato Ciani – ad una Sanità provinciale che vive in uno stato d’emergenza continua, dove i reparti continuano a chiudere per la cronica mancanza di personale e dove i cittadini subiscono una continua contrazione di servizi. E gli effetti sono più pesanti ovviamente sulle fasce più deboli della popolazione che non ha la possibilità di rivolgersi alla sanità privata, peraltro sempre più diffusa. Mi sento molto legato al vostro territorio e metterò il mio impegno in questa sfida comune».

Una delegazione composta da 30 persone che hanno rinnovato l’impegno a promuovere nella Provincia di Frosinone una politica non autoreferenziale ma centrata sulla vita reale delle persone, una politica capace di avere come orizzonte la costruzione di una società coesa, solidale, attenta alle fragilità, inclusiva, in armonia con l’ambiente e attente alla dignità dei lavoratori.

«In questi primi 4 anni abbiamo affrontato alcune tornate elettorali eleggendo amministratori in diversi Comuni della Provincia e dimostrando che vogliamo fare politica, occupandoci dei bisogni concreti delle persone e coinvolgendo, dal basso, cittadini e associazioni interessati al bene comune» ha affermato Luigi Maccaro, coordinatore provinciale di Demos oltre che Assessore alle politiche sociali del Comune di Cassino. «Vogliamo essere un’alternativa – ha continuato – alla politica urlata e allarmista sempre alla ricerca di contrapposizioni».

Una giornata di lavoro, di verifica e di programmazione che ha visto sul tavolo temi riguardanti l’organizzazione interna del partito, il tesseramento, i prossimi appuntamenti elettorali amministrativi ma è stata anche l’occasione per accogliere ufficialmente l’adesione di nuovi amministratori come il Sindaco di Supino, Gianfranco Barletta e la Consigliera comunale di Sora Manuela Cerqua.

«Ho scelto Demos – ha dichiarato Manuela Cerqua – perché in questo partito ho ritrovato quei principi che mi hanno spinto ad avvicinarmi alla politica, gli ideali e i valori sui quali ho improntato la mia azione politico-amministrativa, che ha come principali obiettivi la persona e il bene comune. Da oggi, intendo lavorare insieme a questo gruppo, con serietà e rinnovato entusiasmo, sulle criticità che investono più da vicino il nostro territorio, partendo dalle grandi battaglie che sta portando avanti l’on. Ciani sui temi delle periferie, dei disagi giovanili e delle azioni da mettere in campo contro le droghe, della sicurezza stradale, della pace, della giustizia sociale e dell’ambiente».

Così anche il Sindaco Barletta per il quale «entrare in Demos significa far parte di una squadra 

coesa e con la quale desidero tornare a fare la politica che parla con le persone lavorando tutti insieme per il bene del territorio cosa che purtroppo altri partiti hanno perso di vista. Da Sindaco – ha aggiunto Barletta – sento ogni giorno la responsabilità delle Istituzioni che devono trovare soluzioni ai bisogni delle persone, soprattutto le più fragili».

Un percorso, quello di Demos, cominciato da poco ma che in poco tempo si è diffuso in tutte le regioni italiane cercando di colmare quella distanza enorme che si è creata fra cittadini e politica, testimoniata dalle percentuali di astensionismo che ad ogni elezione diventa sempre più importante. Un percorso che ha coinvolto molti cittadini, amministratori, associazioni riuniti in una rete decisa a promuovere una riforma della società improntata all’inclusione sociale, alla sostenibilità ambientale, al protagonismo delle nuove generazioni e alla dignità del lavoro.

«Un percorso – ha aggiunto Manuela Maliziola, coordinatrice di Demos a Ceccano, Comune di cui è stata Sindaco negli anni scorsi – che nei prossimi mesi torneremo a presentare nei Comuni della nostra provincia organizzando incontri e momenti di confronto che ci accompagneranno fino alle amministrative del 2024».

Apprezzatissimo anche l’intervento del gruppo giovani “Spazio Z” che si è espresso attraverso la voce di Francesca Papa, studentessa universitaria che ha detto «noi non siamo i cittadini di domani come spesso ci chiamano, noi vogliamo essere interlocutori della politica già oggi, perché vogliamo capire e costruire insieme le risposte ai nostri bisogni e vogliamo essere pronti quando un domani avremo ruoli di responsabilità dentro alle Istituzioni».

L’impegno di Demos – Democrazia solidale in Provincia di Frosinone prosegue grazie anche al coinvolgimento di nuovi amministratori che vedono in questa forza politica un’esperienza di forte attenzione alle persone. Tra i presenti le delegazioni di Frosinone, guidata da Maria Grazia Baldanzi con l’ex Sindaco di Frosinone Michele Marini, quella di Ferentino guidata da Antonella Liberatori, quella di Ceccano guidata da Manuela Maliziola, quella di Cassino con i consiglieri comunali Umbaldo e Galasso, di Sora con Cerqua e di Supino con il Sindaco Barletta e sono giunti i saluti e il contributo dei gruppi di Alatri con Bruno Pietrobono e di Villa Latina con la consigliera Silvia Tusei.

Frosinone, 6 settembre 2023

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Il Lazio inciampa nelle slot

Il Lazio inciampa nelle slot

Tanto tuonò che piovve. Dopo quasi dieci anni di rinvii alla fine la Regione Lazio, con il solo voto contrario del consigliere di Demos, Paolo Ciani, ha abolito la misura della rimozione delle slot machine nel raggio di 500 metri da scuole, ospedali, centri anziani.
Le sale gioco esistenti di fronte alle scuole o ai centri anziani possono continuare beatamente a proporre gioco d’azzardo legalizzato anche a persone giovani o con fragilità sociali.
Un subemendamento alla legge di assestamento del bilancio previsionale – proposta dalla Giunta e sottoscritto da consiglieri regionali di tutti i partiti, dal PD alla Lega passando per Fratelli d’Italia, Forza Italia e Gruppo misto – ha cancellato il provvedimento coraggioso che la Regione aveva approvato appena due anni fa (L.1/2020 art. 11bis). Il distanziamento viene eliminato per “tutti gli esercizi pubblici commerciali nonché alle sale da gioco già esistenti”.
Mi va di sottolineare che i consiglieri del Movimento 5 Stelle, in campagna elettorale avevano sbandierato il loro impegno in favore del distanziamento dei luoghi di gioco dalle aree sensibili.
E invece, quello che era un provvedimento legislativo sacrosanto (L.5/2013 “Disposizioni per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico”) teso a contenere la diffusione delle patologie legate al gioco e a limitare le infiltrazioni della criminalità organizzata, va tranquillamente a farsi benedire nella complicità bipartisan con l’industria dell’azzardo.

L’intervento del consigliere Paolo Ciani

Unico a votare contro l’iniziativa della Giunta regionale il consigliere di DemoS – Democrazia Solidale, Paolo Ciani, che ha evidenziato come “in questi anni, tanti in quest’Aula che hanno voluto questa legge hanno cambiato idea. Come se la preoccupazione da cui erano nate le leggi nel 2013 venisse meno, quando, invece, in questi anni, purtroppo, l’azzardo è cresciuto e tante e tanti nostri concittadini sono caduti nelle maglie dell’azzardo”. Il consigliere Ciani, rivolgendosi poi ai suoi colleghi d’Aula ha aggiunto “Mi colpisce che alcuni colleghi sensibili dicano “non è che se ci sono più giochi si diffonde di più la patologia”. È esattamente così. Se ci sono più giochi si diffonde di più la patologia. Per esempio, non differenziare ciò che sono le sale gioco esplicite da bar e tabacchi, dove entrano tutti i bambini, tutti i ragazzi, tutti i cittadini, e si trovano in continuazione macchinette, gratta e vinci, Enalotto, eccetera, fa crescere esattamente questo”.

I dati sul gioco

Nel Lazio, solo l’anno scorso, sono stati giocati 11 miliardi e mezzo di euro in quasi 6 mila pubblici esercizi (bar, tabaccherie, ecc.).
In Provincia di Frosinone sono attive diverse attività di prevenzione e contrasto alla diffusione del gioco anche attraverso la presa in carico di giocatori problematici attraverso percorsi individuali e gruppi di auto mutuo aiuto. Per maggiori informazioni sulla diffusione del gioco d’azzardo nella Provincia di Frosinone è possibile consultare il lavoro di ricerca realizzato dal Laboratorio di Ricerca sociale del prof. Maurizio Esposito dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio meridionale (clicca qui).

L’impegno di Exodus

Da almeno dieci anni ci confrontiamo con tante richieste di aiuto legate al gioco d’azzardo, tanti familiari di giocatori che si rivolgono ai nostri centri d’ascolto nella speranza di trovare uno spiraglio, di vedere una luce in fondo al tunnel della dipendenza. Patrimoni bruciati nelle sale giochi, alle slot machine, con le scommesse sportive, case vendute, pensioni impegnate, usurai sempre appostati, drammi familiari come quelli che si ripetono da decenni solo che al posto dell’eroina e della cocaina in questi casi c’è il gioco d’azzardo. Tutto appare innocuo, a partire dalla parola “gioco”, dai gratta e vinci alle scommesse sportive, dalle slot machine ai giochi online e invece è un mondo, costruito ad arte, con meccanismi psicologici scientificamente messi a punto per creare dipendenza. Un sistema pseudo imprenditoriale, tutt’altro che trasparente, che rovina migliaia di persone. Un sistema che ha potuto proliferare in questi ultimi venti anni grazie ad una politica accecata dalla necessità di fare cassa, sulla pelle di almeno un milione di persone che oggi in Italia hanno un rapporto problematico con il gioco. Un sistema politico-imprenditoriale che ruppe gli indugi grazie al Governo che legalizzò le Sale Bingo nel 1999 e poi nel 2003 autorizzò le slot machine. Interventi seguiti da tutta una serie di provvedimenti finalizzati a favorire il fenomeno dell’azzardo con l’obiettivo di aumentare le entrate per lo Stato senza tenere in nessun conto i danni sulle persone.

Lo sciopero del caffè


Bisogna promuovere consapevolezza, anche per far sì che nessuno si senta solo ad affrontare la propria battaglia. Iniziamo con lo sciopero del caffè: non entriamo più nei bar che possiedono slot machine. Non dobbiamo arrenderci all’idea che non si possa tornare indietro, anche perché gli oltre 11 miliardi di euro, buttati nell’azzardo ogni anno solo nel Lazio, sono soldi sottratti all’economia reale, quella che produce occupazione e benessere. E’ un appello agli imprenditori affinché si decidano ad affiancarci in questa battaglia, perché quei miliardi potrebbero essere utilizzati per comprare auto, elettrodomestici, per fare la spesa, per andare al ristorante, per comprare giocattoli e così via. Undici miliardi sottratti al mondo del lavoro e dell’impresa. E’ ora di dire basta ma dobbiamo farlo tutti insieme.

Per chiedere aiuto


Per informazioni e richieste d’aiuto chiamare al numero 375.7432168 oppure scrivere a gap@exoduscassino.it

Gioco d’azzardo: il dramma nascosto dietro lo schermo

Gioco d’azzardo: il dramma nascosto dietro lo schermo

Sempre più giovani, inghiottiti dal vortice del gioco d’azzardo, cadono nella trappola. Clic dopo clic, una scommessa dopo l’altra, inseguono l’illusione di poter vincere, di ribaltare il proprio destino, di dominare una partita truccata. Quello che credono essere solo un gioco si trasforma, però, in un abisso senza fine. Questi ragazzi finiscono stritolati in un ingranaggio che non perdona, che risucchia ogni risorsa: economica, sociale, personale.

Non è solo un fenomeno legato alla fragilità individuale: è un dramma collettivo, un cancro che si espande silenziosamente. E la provincia di Frosinone non fa eccezione. Lo conferma la ricerca dell’Università di Cassino, realizzata dal Laboratorio di Ricerca Sociale diretto dal professor Maurizio Esposito. Dati durissimi, che ci sbattono in faccia una realtà allarmante. L’indagine evidenzia come il gioco d’azzardo stia corrodendo non solo chi vive già ai margini, ma anche giovani. Giovani che, a causa della crisi economica e lavorativa, vedono nella vincita facile un’uscita dalla disperazione. È una discesa lenta e inesorabile, spesso nascosta anche a chi è vicino.

Il click della rovina

C’è un dato che fa impressione. Dopo la pandemia, il gaming online è esploso con un aumento del 130%. Mentre le vecchie slot machine perdono terreno, i giochi e le scommesse online crescono a dismisura. Nel 2023, le somme giocate dagli italiani sono arrivate a rappresentare il 16% del reddito imponibile. Un dato che parla chiaro: i giovani italiani fra i 25 e i 34 anni hanno aperto oltre un milione e duecentomila conti gioco online. Un milione di vite potenzialmente a rischio di essere rovinate. E il vero pericolo? La dipendenza da gioco online è subdola, nascosta, lontana dagli occhi di chi potrebbe intervenire. I genitori, gli amici, non vedono. I giocatori sono soli, davanti a uno schermo che inganna e che non lascia scampo. Quello che sembra un passatempo innocente, si rivela una trappola inesorabile. E troppo spesso, quando se ne rendono conto, è già tardi.

Servono risposte nuove

Il primo punto di riferimento anche per le persone con dipendenza da gioco è il Servizio per le Dipendenze della Asl. In provincia ce ne sono quattro: a Frosinone, Cassino, Sora e Ceccano. Ma serve fare di più. Per questo dal 1° settembre, in collaborazione con il Ser.D. di Cassino e la Asl di Frosinone, abbiamo attivato un nuovo Centro Diurno per le dipendenze comportamentali, incluso il gioco d’azzardo. Un rifugio per chi non sa più come uscire dal tunnel. Un luogo dove chi soffre può trovare un programma di riabilitazione, dove affrontare la propria dipendenza con il supporto di professionisti, attraverso psicoterapia, sport e sostegno. Un luogo dove tornare a respirare. In realtà già da due anni, in collaborazione con il Consorzio per i Servizi sociali, è stato attivato un gruppo di auto aiuto per giocatori problematici che finora ha coinvolto una trentina di persone. Ma c’è ancora tanto da fare per sensibilizzare il territorio di fronte a questa piaga sociale.

Un problema che riguarda tutti

Siamo di fronte a una battaglia che la società non può più ignorare. Non è più possibile chiudere gli occhi. Serve un’azione collettiva, che parta dall’educazione nelle scuole e arrivi alla regolamentazione dell’offerta di gioco. Troppe sale giochi, troppi luoghi di tentazione a portata di mano. Dal punto di vista medico e della salute mentale non possiamo permettere che i bar e i tabaccai diventino luoghi di perdizione. Ben vengano posti dedicati esclusivamente al gioco ma fuori dai centri abitati. La recente introduzione delle nuove linee guida per l’educazione civica nelle scuole parla finalmente di prevenzione delle dipendenze: prendiamo la palla al balzo. Immaginate l’impatto che avrebbe un’ora di educazione civica passata in una comunità come Exodus, a contatto con chi ha toccato il fondo. Sarebbe un’esperienza formativa, reale, che colpirebbe al cuore. Solo così possiamo davvero sperare di prevenire il disastro.
Ludopatia: una nuova risposta da Exodus Cassino

Ludopatia: una nuova risposta da Exodus Cassino

Image by freepik
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Intervista di Carmela Di Domenico per Ciociaria oggi di lunedì 16 settembre 2024

Sempre più giovani inghiottiti dal gioco d’azzardo, spesso a portata di click. Inseguendo l’illusione di farcela, di poter pianificare una vincita, di mantenere il controllo. E che invece finiscono stritolati dagli ingranaggi di quella che è una vera e propria dipendenza. Così se l’Università di Cassino con lo studio realizzato dal laboratorio di Ricerca Sociale, ha “ristretto” l’età delle vittime del gioco d’azzardo, l’analisi del Responsabile di Exodus, Luigi Maccaro, ha allagato le maglie. Anzi, in realtà, le maglie sono così tanto larghe che si è reso necessario dal 1° settembre dare il via ad un nuovo Servizio, promosso in collaborazione con il Ser.D. di Cassino e la Asl di Frosinone: un centro diurno per le dipendenze comportamentali, in cluso il gioco d’azzardo. Una comunità semiresidenziale dove i dipendenti da gioco possono seguire un programma di riabilitazione.

Dipendenza da gioco d’azzardo. A gennaio il report della arcidiocesi di Gaeta indicava Coreno “sul podio” con un primato tutt’altro che positivo. Una situazione non dissimile da quella di altri Comuni del Cassinate… A che punto siamo ora?

La situazione nel Cassinate, purtroppo, resta preoccupante. La recente ricerca dell’Università di Cassino, realizzata dal Laboratorio di Ricerca Sociale diretto dal prof. Maurizio Esposito, ha messo in luce dati significativi sul gioco d’azzardo nella provincia di Frosinone. L’indagine ha contribuito a definire e quantificare il fenomeno, evidenziando come molti giocatori tendano a sottovalutare la gravità della loro situazione, fino a trovarsi costretti a chiedere aiuto per problemi economici o sanitari. Interessante è anche la correlazione tra bassa scolarizzazione e frequenza del gioco, così come l’aumento del fenomeno tra giovani adulti, tra i 18 e i 35 anni, a causa della crisi economica e lavorativa..

Giochi d’azzardo sempre più a portata di click. Quanto pesa la dipendenza “telematica”?

È impressionante la crescita del gaming online post pandemia: +130%. Mentre il canale fisico, le vecchie slot machine per intenderci, è calato di oltre l’8%. Non solo: le somme giocate dall’italiano medio nel 2023 sono arrivate al 16% del reddito imponibile dichiarato (erano l’11% nel 2019). I dati ufficiali segnalano che nel 2022 i giovani italiani fra i 25 e i 34 anni, hanno aperto oltre un milione e duecentomila conti sulle piattaforme di gioco online. La facilità con cui si può accedere a piattaforme online, specialmente via smartphone, ha aumentato il rischio, soprattutto tra i giovani e le persone che già vivono in isolamento. Questo tipo di dipendenza è spesso più difficile da individuare perché avviene lontano dagli occhi di chi potrebbe intervenire, come familiari o amici.

Exodus è sempre in prima linea quando si parla di prevenzione. Con progetti rivolti alle comunità locali, prima di tutto per informare. Ma per quelli che hanno già il problema?

Intanto il primo punto di riferimento è il Ser.D. Ormai da qualche anno, in collaborazione con il Consorzio dei Servizi Sociali, portiamo avanti il progetto “A che gioco giochiamo?” che prevede incontri di informazione nei 26 Comuni, Centro di ascolto e orientamento, Gruppo di auto aiuto per giocatori problematici (Qui la pagina web dedicata al progetto “A che gioco giochiamo?”). Ma dal 1° settembre c’è un nuovo servizio, promosso in collaborazione con il Ser.D. di Cassino e la ASL di Frosinone: un Centro diurno per le dipendenze comportamentali, incluso il gioco d’azzardo. Una comunità semiresidenziale, aperta tutti i giorni dalle 9 alle 17 dove i dipendenti da gioco possono seguire un programma di riabilitazione che utilizza tanti strumenti, dalla psicoterapia allo sport. (Qui la pagina web dedicata al Centro diurno Exodus Cassino)

Spesso si tende a minimizzare, invece è una dipendenza su cui intervenire in modo professionale. Chi chiede aiuto? Le famiglie o le persone interessate?

La maggior parte delle volte sono le famiglie a chiedere aiuto per primi, quando si rendono conto del problema. Tuttavia, anche le persone direttamente coinvolte cercano sempre più spesso supporto, soprattutto quando iniziano a vedere gli effetti negativi sul loro benessere economico e sociale. È fondamentale un intervento professionale per evitare che la situazione degeneri ulteriormente.

Vi sono storie più di altre che possono essere sintomatiche della situazione vissuta nel Cassinate?

Mi ha colpito di recente la storia del centrocampista della Juve Nicolò Fagioli. Una persona giovane, famosa e ricca che chiede aiuto è uno sprone per tutti quei giocatori che hanno paura, si vergognano e non riescono a chiedere aiuto. Di storie così ce ne sono tante anche da noi. Parlano di persone fragili, vulnerabili, vittime di un’offerta di gioco incredibilmente esagerata. Quello che serve è una legge capace di restringere quest’offerta. Bisogna diminuire gli orari, allontanare i luoghi del gioco da abitazioni, scuole, uffici. Bisogna togliere il gioco dai bar e dai tabaccai creando degli esercizi commerciali riservati al gioco fuori dalla portate delle persone fragili.

La società cosa deve fare?

La società deve affrontare il problema a partire dall’educazione. Da quest’anno scolastico sono entrate in vigore le nuove linee guida per l’educazione civica. Fra le altre cose c’è un’attenzione particolare alla prevenzione e al contrasto delle dipendenze derivanti da droghe, fumo, alcool, doping, uso patologico del web, gaming e gioco d’azzardo. Sarebbe molto bello che qualche scuola decidesse di portare gli studenti a Exodus per un’ora di educazione civica: potrebbe essere molto, molto formativa! (Qui la proposta formativa per gli studenti “Un giorno in Comunità”).

Solitudine e fragilità: l’ombra nascosta della generazione iperprotetta

Solitudine e fragilità: l’ombra nascosta della generazione iperprotetta

Diciassettenne pluriomicida: solitudine e fragilità opprimono gli adolescenti di oggi, generazione iperprotetta vittima di un mondo virtuale che alimenta fragilità e isolamento.

Stavolta la droga non c’entra, l’alcol non c’entra, la malattia mentale non c’entra. Non c’è bullismo, non c’è separazione dei genitori, non c’è abuso di social, anzi. Riccardo, 17 anni, era studioso, serio, sportivo, tranquillo e con la fidanzata. Ma si sentiva solo. La solitudine lo opprimeva. In mezzo agli altri si sentiva un corpo estraneo e così era pure in famiglia. Da qualche giorno gli girava in testa uno stesso pensiero: eliminare quelli che non lo capivano. Quelli che avrebbero dovuto essere motivo di gioia, di sicurezza, di protezione: la famiglia. E che invece nella sua testa rappresentavano il contrario, il motivo del suo disagio. (Leggi qui: Strage in famiglia, il ragazzo al pm: ‘Vivo un malessere’ ma era lucido. Nessun movente accertato).

Il disagio

Quello stesso disagio che ogni adolescente affronta ogni giorno e di fronte al quale ogni genitore è costretto a domandarsi dove ha sbagliato, cosa è andato storto, cosa sarebbe potuto andare diversamente. Mentre i ragazzi pensano a come liberarsi da quell’oppressione, Riccardo covava l’assurda idea omicida che partiva da un pensiero ossessionante: «Non avevo un vero dialogo con nessuno. Era come se nessuno mi comprendesse». Per tanti ragazzi la fuga dal disagio si trasforma in bullismo, uso di alcol e droghe, abuso di internet e videogame. Per altri invece, forse come Riccardo, sempre di più negli ultimi anni, la fuga dalla realtà diventa una specie di auto condizionamento mentale che diventa ansia, attacchi di panico, angoscia immotivata. (Leggi qui: Occhi chiusi per non vedere la droga che uccide i nostri ragazzi).

La generazione ansiosa

I nostri adolescenti sono quelli che hanno chiuso l’epoca del gioco e hanno aperto l’epoca dello smartphone. Hanno cambiato completamente il modo di essere bambini e ragazzi. Si immergono per ore nel mondo virtuale fatto di immagini e video che rimandano un messaggio denominatore comune: la felicità non è dove sei tu, è qui dove stiamo girando questo video. E tu non ci sei. Da qui nasce l’ondata di ansia, depressione, disturbi alimentari, istinti autolesionisti e suicidari. L’ondata di malattia mentale che investe il mondo degli adolescenti da dieci anni a questa parte.

Dalla scoperta della vita alla difesa dalla realtà

Prima i ragazzi erano presi dalla voglia di scoprire la vita, avevano fretta di diventare adulti, conoscendo il mondo conoscevano sé stessi e sbattendo il muso contro le illusioni intanto si rinforzavano e si preparavano alla vita adulta. Poi sono diventati grandi e sono diventati genitori e sono diventati protettivi, anzi, iperprotettivi. Oggi possiamo localizzare in qualunque momento i nostri figli e, volendo, potremmo attivare da remoto il microfono del loro telefono per ascoltare quello che gli succede intorno, con chi parlano e di cosa parlano (Leggi qui: Cellulari fuori, educazione dentro. Adulti sotto esame). Quando però girano per 7/8 ore al giorno su internet, non sappiamo dove vanno, cosa vedono e cosa leggono. Ci piace pensare che stando sul letto della loro camera non corrano nessun rischio. Nel frattempo quella voglia di scoprire il mondo si è trasformata in necessità di difendersi da tutto. Tutto è un pericolo, tutto è una minaccia. Anziché cercare nuove esperienze cercano di difendersi dall’ansia.

Parliamone

Chi ha tolto ai nostri figli la fiducia nel futuro? E nel prossimo? Chi ne ha fatto una generazione di persone fragili e apprensive? Chi gli impedisce di affrontare rischi ed emozioni, di imparare a dominare le proprie paure, di sviluppare quelle capacità di affrontare i problemi e le conseguenze del loro agire? Siamo noi genitori, resi ansiosi a nostra volta dalla società della paura nella quale viviamo, dove certa politica e certa comunicazione ci hanno insegnato a prendere le distanze da tutto ciò che è altro da noi. E così ci ritroviamo figli spesso incapaci di badare a sé stessi, incapace di gestire conflitti e frustrazioni. Fragili e soli, come Riccardo. Non ci sono soluzioni drastiche efficaci, non ci sono ricette, ogni adolescente è una foresta di sentimenti, ogni famiglia è un mondo a parte. Ma bisogna parlarne, confrontarsi, non avere paura. Provare con fiducia a darsi delle regole, accettare il conflitto coni figli, consapevoli che è proprio dentro al conflitto che i figli si rafforzano. Nel confronto che, scoprendo le differenze, imparano a conoscere sé stessi. Senza darsi obiettivi stupidi come assomigliare alla famiglia del Mulino Bianco. A Riccardo non è servito. Non serve a nessuno.

(Foto di Copertina © freepik)

Stop agli smartphone in classe

Stop agli smartphone in classe

Da settembre il cellulare resta a casa o al massimo chiuso nello zaino. Ritorna il caro vecchio diario di carta per segnare i compiti. Smartphone banditi dunque, anche per uso didattico sotto il controllo degli insegnanti.
L’uso eccessivo della tecnologia ha un impatto negativo e potenzialmente pericoloso sullo sviluppo cognitivo dei ragazzi. Per non parlare del crollo del rendimento scolastico degli adolescenti. Distrazione, perdita di memoria e di concentrazione, diminuzione della capacità dialettica e di spirito critico. Con tanto di studi scientifici a supportare la decisione del Ministro accolta con favore da tanti genitori rassicurati dal provvedimento.
Insomma il nemico smartphone è messo all’angolo. Ed ora? Assisteremo ad un cambiamento generazionale epocale? Ai social abbiamo dato la colpa di fronte ai ragazzi depressi, a quelli che si comportano male con gli adulti, a quelli che non vanno bene a scuola, di fronte agli episodi di bullismo e alle sfide pericolose. Tutto il disagio e la sofferenza giovanile di questi anni hanno trovato una causa, il famigerato cellulare che adesso dovrà vedersela con il Ministro dell’Istruzione. Quanto ci piace semplificare la complessità del nostro tempo! Anche perché così abbiamo più tempo per postare su tutti i social le nostre opinioni, la nostra vita privata, la rappresentazione di noi stessi che ci fa sentire all’altezza di una timeline straboccante di modelli di successo. Sarà anche per questo che andiamo perdendo credibilità di fronte ai ragazzi?

Torniamo a fare gli adulti

Non c’è dubbio che oggi fare il genitore è più complicato di ieri: l’era digitale mette i ragazzi su un piano diverso dal nostro approccio “analogico” alle cose della vita. Però l’uso smodato della tecnologia e dei social, diciamocelo, riempie un vuoto, per un per un bel po’ di tempo delle nostre giornate. E poi lascia un vuoto ancora più profondo. E piano piano diventa come una droga. Ti da la sensazione di benessere, di euforia, ti fa dimenticare i problemi, poi finisce l’effetto e i problemi tornano ingigantiti. E si ricomincia. Un circolo vizioso che giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno ci va trasformando in adulti sempre meno adulti e sempre più adolescenti. Sempre più fragili. E magari pensiamo anche che i nostri figli non se ne accorgano. Però tutti a parlare della fragilità degli adolescenti confortati da studi, statistiche, esperti e gridi d’allarme.

Fuori il cellulare, dentro l’educazione digitale

Mettere al bando il cellulare non basta. A noi adulti, a scuola e in famiglia, resta il compito di educare ad un uso consapevole e responsabile dello smartphone e dei social. Da dove si comincia? Con un po’ di umiltà bisogna imparare alcune cose prima di spiegarle ai ragazzi. In rete si trova di tutto ma anche questo approccio rischia di essere semplicistico di fronte a questioni così complesse. La cosa migliore è partecipare a qualche momento formativo rivolto agli adulti, genitori e insegnanti, con la presenza di esperti. Gli incontri “in presenza” sono importanti perché consentono di confrontarsi, porre dubbi, sperimentare gli strumenti, ad esempio di parental control, condividere soluzioni, buone prassi e abbassare il livello di ansia. Il primo bisogno dei genitori è quello di non sentirsi soli perché il senso di impotenza ovviamente prelude all’atteggiamento rinunciatario. E a forza di rinunciare ad educare i figli stiamo finendo per rinunciare a farli i figli.

L’Università della Famiglia

Ci sono tante realtà del terzo settore, ma anche Scuole e qualche Comune, che organizzano incontri di formazione per genitori ed insegnanti. Exodus ha lanciato diversi anni fa l’Università della Famiglia che, anche quest’anno, ad ottobre, riaprirà le attività con incontri animati da esperti con lunga esperienza di lavoro con gli adolescenti, nel campo del disagio giovanile, delle dipendenze, della relazione educativa e della progettazione sociale. La famiglia e la scuola sono i fattori di protezione più importante contro la sofferenza che galoppa tra i giovani, soprattutto dalla pandemia in poi. Informarsi, capire ed educare è un compito e una responsabilità a cui non possiamo sottrarci. Proviamo a farlo insieme, proviamo a farlo tutti.

Foto di copertina: Image by freepik

Giovani: mancano le strategie

Giovani: mancano le strategie

Dipendenze e educazione alla felicità. Nonostante le attività poste in essere, la prevenzione, le campagne informative (sempre troppo poche) ciò che manca sembra essere un’analisi vera sullo stato emotivo dei ragazzi. E dei meno giovani.

Perché i ragazzi sono tornati a drogarsi? Questa è la domanda che ci stiamo facendo da quando con il calo dell’eroina invece di diminuire i tossicodipendenti sono aumentati di dipendenti da qualunque cosa. La risposta più ricorrente, ad ascoltare proprio i ragazzi, è il vuoto che sentono dentro. Un vuoto che nasce dalla incapacità di dare senso alle cose della vita: la famiglia, la scuola, il tempo libero, le amicizie, le passioni come la musica o lo sport. Ma siamo noi adulti che non sappiamo più insegnare a dare senso alle cose. Da quel vuoto i ragazzi cercano di fuggire provando a riempirlo con quello che la società gli mette a disposizione: alcol, fumo, sostanze, gioco, sfide estreme. Le cose che attivano dopamina e scariche di adrenalina nel cervello e ti fanno sentire vivo.

Non è un caso che il numero dei suicidi nell’ultimo periodo pare essere aumentato…

Il suicidio è la seconda causa di morte fra gli adolescenti. Fa impressione la quantità di ragazzi che arrivano al gesto estremo passando per un percorso di disagio psicologico che a volte diventa, anche rapidamente, un disturbo mentale. Il tema della salute mentale è un’emergenza già da qualche anno, il covid l’ha solo reso più evidente, eppure i servizi sono gravemente in difficoltà. Nella nostra provincia l’unico reparto psichiatrico ospedaliero è rimasto a Cassino e sopporta il peso di un’intera provincia con gravi mancanze in organico. Eppure per come è grave oggi la situazione sarebbe indispensabile un reparto psichiatrico infantile. Idem per i servizi territoriali dove la mancanza di psichiatri è ormai un’emergenza. Andrebbero fatti screening approfonditi sin dalla fase scolare, ma chi li fa?

Parlando delle campagne di prevenzione/informazione, qualcosa è andato storto. Attività a intermittenza e anche a volte dimenticate. Perché?

In alcuni casi si continua a pensare che si debbano informare i ragazzi sui pericoli delle droghe ma questo è inutile e semplicistico. Primo perché i ragazzi non si spaventano di fronte ai rischi della trasgressione, secondo perché loro su google e sui social trovano più informazioni di quanto possiamo immaginare. Anzi, è proprio perché conoscono gli effetti, hanno voglia di sperimentare! Più che prevenire bisogna promuovere modelli di vita sana e che abbia significati profondi. Non è moralismo, bisogna promuovere lo sviluppo di competenze come la resilienza, l’affettività, il pensiero critico e il pensiero creativo. La prevenzione inizia da bambini davanti alla vetrina di un negozio quando il genitore insegna a spostare in avanti la gratificazione: non tutto e subito ma quando sarà il momento giusto. 

Torniamo ai numeri. I dati della relazione del Dep Lazio riferiti al 2023 ci dicono che quelli della Asl di Frosinone sono i più alti della Regione. Cassino rispecchia il trend provinciale o lo supera? E in cosa?

Penso che quando guardiamo alla nostra città abbia poco senso considerarne i confini geografici. Oggi Cassino è il punto riferimento di un territorio vasto che comprende quasi quaranta comuni. Migliaia di ragazzi che vengono qui per studiare, per divertirsi, per incontrare i loro coetanei ma anche per sperimentare, per trasgredire, per fuggire dal vuoto e dalla noia. E di conseguenza la gestione del tema dovrebbe essere collegiale, serve un Piano Locale Giovani di grande respiro con una forte dimensione interistituzionale. Non sono i dati ad essere allarmanti quanto piuttosto la mancanza di strategie!

Dipendenze da sostanze: oppiacei e coca ma di recente ci sono stati i casi di sospetta overdose registrati in ospedale a Cassino per un mix di sostanze.  Così come siringhe rinvenute anche in centro. Cosa sta succedendo sotto ai nostro occhi?

Non c’è quasi più una persona che abbia una sola dipendenza: si va dalle sostanze legali come i farmaci a quelle illegali, passando per il web, la pornografia, le dipendenze alimentari e il gioco d’azzardo. Una volta l’eroinomane lo trovavi agli angoli delle strade, oggi chi fa uso di sostanze è la persona della porta accanto. Sostanze alle quali si accede con una semplicità imbarazzante, su internet si può comprare qualsiasi cosa e questo favorisce anche l’abbassamento dei prezzi e l’abbassamento dell’età.

L’approccio con stupefacenti e alcol ormai avviene a un’età sempre più bassa. Che quadro abbiamo del Cassinate? 

Non abbiamo dati a cui fare riferimento, anche perché non ci sono fondi per la ricerca in questo campo. D’altra parte i dati che girano riguardano le persone che si rivolgono ai servizi e per ognuna di loro ce ne sono almeno altre tre che per vari motivi, compresa l’età giovane, ai servizi non si rivolgono. Ci sono però ragazzi che nel giro di un’estate passano dal fumare di nascosto la sigaretta elettronica alla stagnola di eroina. Serve una nuova consapevolezza da parte dei genitori che devono imparare ad osservare i comportamenti dei figli, anche quelli più banali e intervenire prima che sia troppo tardi.

Giovanissimi a rischio coma etilico quasi tutti i weekend. Su questo fronte cosa si può fare?

Anche qui l’educazione comincia in famiglia: non serve avere vino e birra a tavola tutti i giorni e sono stupidi gli adulti che invitano gli adolescenti ad “assaggiare” gli alcolici, eppure succede in tutte le famiglie, dove invece si dovrebbe imparare che l’alcol va usato con moderazione e in modo occasionale. Poi abbiamo la movida incontrollata e incontrollabile e lasciatemi dire quanto può essere ridicolo immaginare che i gestori dei bar possano mettere i cosiddetti steward a controllare i consumi e a limitare gli incassi! La funzione di controllo è dello Stato, nelle sue articolazioni, perciò serve la presenza delle forze dell’ordine, servono uomini, divise e mezzi presenti in maniera costante nei luoghi della movida. Tutto il resto sono chiacchiere inutili.

Nella voce “altre dipendenze” cosa ci finisce? Il gioco d’azzardo o forse anche le maledette challenge, che mettono a rischio poco più che bambini?

Le sfide pericolose parlano del bisogno dei ragazzi di attirare l’attenzione, per questo viaggiano tanto sui social. Bisogna mettere limiti seri all’uso della tecnologia. Possibile che ancora oggi ci siano genitori che lasciano l’uso libero del telefono, anche di notte, a figli di undici o dodici anni? Serve grande attenzione da parte dei genitori. Cellulari e tablet andrebbero banditi dalle scuole perché quando i genitori provano a mettere dei limiti spesso si trovano la scuola che invece impone stupidamente l’uso della tecnologia. E così anziché il fascino dell’Odissea raccontata da un insegnante appassionato ci troviamo un piattume indistinto concentrato sull’attimo presente, senza più il valore della memoria, né la speranza nel futuro.

 

 


     

    Un tempo nuovo

    Un tempo nuovo

    Social News N° 56 | Da questa settimana ho il privilegio di firmare una rubrica sul blog AlessioPorcu.it nella quale mi occuperò di politiche sociali. L’idea è quella di mettere in evidenza le fragilità sociali, le possibili risposte e le innovazioni sociali che abbiamo numerose sul nostro territorio.
    Vai alla mia rubrica su AlessioPorcu.it →

    Cosa resta dopo la Giornata mondiale di lotta alle droghe?

    Passata più o meno sotto silenzio anche quest’anno la Giornata mondiale di lotta alla droga. Il 26 giugno il Governo ha presentato i dati della relazione annuale al Parlamento mettendo in evidenza che quattro giovani su dieci tra i 15 e i 19 anni nel 2023 hanno fatto uso almeno una volta di sostanze stupefacenti.
    E in Provincia di Frosinone che succede? Il rapporto dell’osservatorio epidemiologico segnala che sono oltre 1.800 gli utenti in carico alla ASL. Da non dimenticare le persone, un centinaio circa, accolte dalle tre comunità terapeutiche In dialogo a Trivigliano, Nuovi orizzonti a Piglio e Fondazione Exodus a Cassino dove seguono un programma di riabilitazione residenziale.
    Si conferma l’allarme, soprattutto in considerazione del fatto che i numeri ufficiali corrispondono ad almeno un terzo dei numeri veri, fatti dalle tante persone che per tanti motivi non si rivolgono ai servizi del pubblico e del privato sociale. Il boom di cocaina e crack si rispecchia negli episodi sempre più numerosi che negli ultimi anni vedono giovani protagonisti di episodi violenti. In questi giorni siamo impressionati dalla morte del povero Thomas a Pescara ma le “nostre” storie recenti di Alatri, Colleferro, Frosinone hanno tutte a che fare con le droghe che scorrono a fiumi nella nostra provincia.
    I dati finalmente mettono in luce anche un altro fenomeno che riguarda sempre più spesso le ragazze: l’utilizzo di psicofarmaci senza prescrizione medica. Fatto che non si può non mettere in relazione con i fenomeni di isolamento sociale e di depressione che investono i nostri ragazzi. E con i suicidi che pure fanno sempre più impressione per la frequenza con cui caratterizzano una gioventù sempre più fragile e disorientata di fronte ai problemi della vita.
    Potremmo parlare dell’alcol ma continuare a rincorrere i dati sull’uso di sostanze, da anni, non cambia le cose.
    Il punto è che abbiamo smesso di investire sull’educazione agli stili di vita sani. Abbiamo smesso di scommettere sulla prevenzione come risposta al disagio. Abbiamo disinvestito su tutte le azioni educative, proprio adesso che, nel post covid, la fragilità dei nostri adolescenti si vede da diversi sintomi: l’aumento dell’isolamento sociale, l’incremento degli atti di autolesionismo e di intenti suicidari. La questione delle sostanze è un effetto, ma non è l’unico: è il sintomo di una condizione di fragilità che è in costante aumento.
    Ogni tanto si fanno interventi nelle scuole per parlare dei pericoli delle droghe ma dobbiamo dirci onestamente che è solo può modo per metterci a posto la coscienza: i ragazzi conoscono le sostanze e sono perfettamente consapevoli dei rischi, l’approccio disfunzionale si usava decenni fa, ma oggi sappiamo che non serve.
    Droghe, alcool, dipendenze affettive, azzardo hanno tutte la stessa origine: sono modi per cercare la felicità al di fuori di sé. Sotto la dipendenza c’è sempre una sofferenza, un fuoco, su cui non basta mettere il coperchio, bisogna spegnere le fiamme.
    Le strategie di lotta alla droga servono per quelli che già ci sono cascati e lottano per uscirne. Per questo abbiamo il lavoro che portano avanti i Ser.D. e le strutture del privato sociale. Anche se servono fondi e personale qualificato. Mancano medici, psichiatri e psicologi mentre le tariffe sono ferme al 2012 e in 12 anni il costo di tutto è raddoppiato.
    Ma il punto vero è il completo disinteresse di questo Paese per le Politiche giovanili. La qualità del tempo libero che offriamo ai nostri ragazzi è pessima: il muretto, il centro commerciale, il campetto e poi? Quali spazi dedicano le nostre città ai ragazzi? Dove possono incontrarsi in maniera informale? E perché gli spazi di aggregazione di una volta non funzionano più? L’offerta ideale per il tempo libero degli adolescenti e dei ragazzi dovrebbe prevedere non attività già organizzate a cui loro si iscrivono, ma luoghi auto-organizzati. È necessario un progressivo arretramento del mondo adulto per lasciare ai ragazzi spazi da gestire, organizzare e ripensare.
    A Cassino ci abbiamo provato con il Consiglio comunale dei giovani e lo stesso avviene a Sora, a Ceccano e in altri centri. Così come abbiamo inventato la “Casa di Willy” nel quartiere San Bartolomeo, sempre a Cassino, uno dei più difficili anche per la presenza di importanti luoghi di spaccio. Dico che abbiamo “inventato” perché non esistono fondi in Italia, né dal Governo, né dalle Regioni che possano essere utilizzati dalle città per aprire centri di aggregazione giovanile.
    Una volta le Province erano titolari della responsabilità di attuare il Piano Locale Giovani, lo facevano con i fondi della Regione. Oggi non ci sono più né i fondi, né le competenze. Ciò non toglie però che, con un atto di coraggio e con un po’ di speranza nel futuro, ci si possa mettere intorno ad un tavolo e riaprire il ragionamento. Ai nostri ragazzi lo dobbiamo.
    Di segnali ce ne stanno mandando parecchi!
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    Post scriptum

    Da diversi giorni ricevo tantissimi messaggi di amici che si dicono increduli per la mia mancata elezione al Consiglio comunale di Cassino. Io non sono rimasto sorpreso più di tanto perché sapevo che i professionisti della raccolta delle preferenze erano scesi in campo con un’organizzazione militare.
    Cinque anni fa, dopo le dimissioni del centrodestra e il dissesto, dalla città emergeva forte una richiesta di serietà e di concretezza che noi abbiamo contribuito ad incarnare. Oggi, dopo il buongoverno dell’Amministrazione Salera, quella richiesta non c’era più e il voto di opinione ha lasciato il campo libero al voto organizzato.
    Le elezioni non sono solamente proposte, idee, contenuti, racconto delle cose buone fatte nei cinque anni precedenti. Le elezioni richiedono anche organizzazione e, certamente, quella spregiudicatezza che a noi oggettivamente è mancata.
    Dunque la volontà dell’elettorato è sovrana e noi continueremo a dare il nostro contributo in altre forme. Con il sorriso, sempre.
    Leggo molto volentieri le vostre opinioni in proposito. Scrivete su posta@luigimaccaro.it →

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      Droga, apriamo gli occhi!

      Droga, apriamo gli occhi!

      Passata più o meno sotto silenzio anche quest’anno la Giornata mondiale di lotta alla droga. Il 26 giugno il Governo ha presentato i dati della relazione annuale al Parlamento mettendo in evidenza che quattro giovani su dieci tra i 15 e i 19 anni nel 2023 hanno fatto uso almeno una volta di sostanze stupefacenti. E in Provincia di Frosinone che succede? Il rapporto dell’osservatorio epidemiologico segnala che sono oltre 1.800 gli utenti in carico alla ASL. Da non dimenticare le persone, un centinaio circa, accolte dalle tre comunità terapeutiche In dialogo a Trivigliano, Nuovi orizzonti a Piglio e Fondazione Exodus a Cassino dove seguono un programma di riabilitazione residenziale.

      Si conferma l’allarme, soprattutto in considerazione del fatto che i numeri ufficiali corrispondono ad almeno un terzo dei numeri veri, fatti dalle tante persone che per tanti motivi non si rivolgono ai servizi del pubblico e del privato sociale. Il boom di cocaina e crack si rispecchia negli episodi sempre più numerosi che negli ultimi anni vedono giovani protagonisti di episodi violenti. In questi giorni siamo impressionati dalla morte del povero Thomas a Pescara ma le “nostre” storie recenti di Alatri, Colleferro, Frosinone hanno tutte a che fare con le droghe che scorrono a fiumi nella nostra provincia.

      I dati finalmente mettono in luce anche un altro fenomeno che riguarda sempre più spesso le ragazze: l’utilizzo di psicofarmaci senza prescrizione medica. Fatto che non si può non mettere in relazione con i fenomeni di isolamento sociale e di depressione che investono i nostri ragazzi. E con i suicidi che pure fanno sempre più impressione per la frequenza con cui caratterizzano una gioventù sempre più fragile e disorientata di fronte ai problemi della vita.

      Potremmo parlare dell’alcol ma continuare a rincorrere i dati sull’uso di sostanze, da anni, non cambia le cose. Il punto è che abbiamo smesso di investire sull’educazione agli stili di vita sani. Abbiamo smesso di scommettere sulla prevenzione come risposta al disagio. Abbiamo disinvestito su tutte le azioni educative, proprio adesso che, nel post covid, la fragilità dei nostri adolescenti si vede da diversi sintomi: l’aumento dell’isolamento sociale, l’incremento degli atti di autolesionismo e di intenti suicidari. La questione delle sostanze è un effetto, ma non è l’unico: è il sintomo di una condizione di fragilità che è in costante aumento.

      Ogni tanto si fanno interventi nelle scuole per parlare dei pericoli delle droghe ma dobbiamo dirci onestamente che è solo può modo per metterci a posto la coscienza: i ragazzi conoscono le sostanze e sono perfettamente consapevoli dei rischi, l’approccio disfunzionale si usava decenni fa, ma oggi sappiamo che non serve.

      Droghe, alcool, dipendenze affettive, azzardo hanno tutte la stessa origine: sono modi per cercare la felicità al di fuori di sé. Sotto la dipendenza c’è sempre una sofferenza, un fuoco, su cui non basta mettere il coperchio, bisogna spegnere le fiamme.

      Le strategie di lotta alla droga servono per quelli che già ci sono cascati e lottano per uscirne. Per questo abbiamo il lavoro che portano avanti i Ser.D. e le strutture del privato sociale. Anche se servono fondi e personale qualificato. Mancano medici, psichiatri e psicologi mentre le tariffe sono ferme al 2012 mentre in 12 anni il costo di tutto è raddoppiato.

      Ma il punto vero è il completo disinteresse di questo Paese per le Politiche giovanili. La qualità del tempo libero che offriamo ai nostri ragazzi è pessima: il muretto, il centro commerciale, il campetto e poi? Quali spazi dedicano le nostre città ai ragazzi? Dove possono incontrarsi in maniera informale? E perché gli spazi di aggregazione di una volta non funzionano più? L’offerta ideale per il tempo libero degli adolescenti e dei ragazzi dovrebbe prevedere non attività già organizzate a cui loro si iscrivono, ma luoghi auto-organizzati. È necessario un progressivo arretramento del mondo adulto per lasciare ai ragazzi spazi da gestire, organizzare e ripensare.

      A Cassino ci abbiamo provato con il Consiglio comunale dei giovani e lo stesso avviene a Sora, a Ceccano e in altri centri. Così come abbiamo inventato la “Casa di Willy” nel quartiere San Bartolomeo, sempre a Cassino, uno dei più difficili anche per la presenza di importanti luoghi di spaccio. Dico che abbiamo “inventato” perché non esistono fondi in Italia, né dal Governo, né dalle Regioni che possano essere utilizzati dalle città per aprire centri di aggregazione giovanile.

      Una volta le Province erano titolari della responsabilità di attuare il Piano Locale Giovani, lo facevano con i fondi della Regione. Oggi non ci sono più né i fondi, né le competenze. Ciò non toglie però che, con un atto di coraggio e con un po’ di speranza nel futuro, ci si possa mettere intorno ad un tavolo e riaprire il ragionamento. Ai nostri ragazzi lo dobbiamo. Di segnali ce ne stanno mandando parecchi!

        Ne è valsa la pena

        Ne è valsa la pena

        Una cosa è certa: ho ricevuto molto di più di quello che ho dato. E questo è sufficiente per dire che ne è valsa la pena: dalle primarie del 2019 alle comunali di quest’anno ho perso e ho vinto e poi ho perso ancora ma la politica è entusiasmo, voglia di provarci, orgoglio di essersi messi in gioco.
        Soprattutto ne è valsa la pena perché oggi possiamo dire con certezza che la politica non è riservata ai professionisti, perché quando c’è una comunità unita da ideali ed entusiasmo si può affrontare qualunque sfida pur di essere all’altezza dei propri sogni.
        Oggi è il momento della delusione ma la passione per il bene comune continuerà in altre forme, certi che vale sempre la pena di “provare a lasciare il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato”.
        È stato un privilegio servire la mia città per cinque anni, accompagnando la speranza di chi, fra i più fragili, aveva bisogno di una risposta chiara, concreta e immediata dalle Istituzioni.
        Smaltiremo la delusione e riprenderemo il cammino al servizio del bene comune con ottimismo perché si può perdere un’elezione ma non il buonumore.
        A chi prenderà il mio posto lascio cose fatte con il cuore, progetti nati dall’incontro con le persone, mattoni solidi con i quali abbiamo reso più solida la nostra comunità.
        Ringrazio davvero tutti quelli con cui abbiamo fatto insieme questo pezzo di strada.
        Ma non si arriva se non per ripartire e siccome abbiamo dalla nostra parte l’entusiasmo, il tempo e la libertà continueremo ad occuparci di politica anche perché comunque la politica continuerà ad occuparsi di noi.
        Buona strada al Sindaco Enzo Salera e alla nuova maggioranza affinché portino avanti la rivoluzione che abbiamo iniziato insieme.