Cattolici e politica, dopo Milano.

Cattolici e politica, dopo Milano.

L’ex senatore Lino Diana ha raccolto e rilanciato in termini di impegno le inquietudini espresse dalla componente cattolico democratica del Pd, riunita a Milano da Pier Lugi Castagnetti e Graziano Del Rio alla presenza anche di Romano Prodi. L’ex parlamentare di Boville Ernica in particolare, nell’intervista rilasciata a Frosinone News – LEGGI QUI, ha indicato in Demos la componente che può rappresentare l’intera area, a patto che il partito guidato nel Lazio da Paolo Ciani confluisca nel Pd, pur conservando una chiara visibilità. Abbiamo chiesto l’opinione sull’ipotesi di “fusione” a Lugi Maccaro, coordinatore provinciale di Demos Frosinone.

“Il rapporto fra Demos e Partito Democratico – ha risposto – è di piena collaborazione nell’ambito della coalizione di centrosinistra. Ma oggi, con la polarizzazione portata al massimo, è evidente che il cattolicesimo democratico e il cristianesimo sociale hanno bisogno di margini d’azione, spazi di rappresentanza, possibilità di incidere concretamente. Questo spiega il fermento partito a Trieste nella Settimana sociale, passato per l’incontro di Milano e destinato a ritrovarsi a Roma quanto prima. Quindi accogliamo volentieri l’invito del Sen. Lino Diana ad essere “lievito” per allargare il perimetro di rappresentanza culturale e politica ma ciò che conta in questo momento è camminare insieme, confrontarsi, costruire soluzioni condivise per dare risposte alle persone, alle famiglie, alle imprese. Lino è il più autorevole rappresentante del cattolicesimo democratico, non solo della nostra Provincia, e per questo è un punto di riferimento per tutti noi a prescindere dal partito in cui militiamo”.

Il confronto continuo tra Paolo Ciani e Graziano Del Rio

  • Quindi Demos non intende confluire e fondersi?

“L’interlocuzione tra Paolo Ciani e Graziano Delrio non è affatto recente. È la dimostrazione che fra cattolici democratici ci si parla da sempre. Ora però da più parti si avverte il bisogno anche di organizzarsi. Che non significa fare partiti o correnti. Significa trovare il modo per coordinare azioni capaci di dare risposte concrete ai bisogni delle persone, significa restituire speranza a quelli che non vanno più a votare perché non si sentono né di destra né di sinistra e che non trovano risposte alle loro preoccupazioni. La partecipazione alla vita democratica del Paese è il presupposto indispensabile per il progresso altrimenti tutto resta sempre più nelle mani dei soliti pochi noti. La democrazia si salva con la partecipazione. Ora è inutile che ci si continui a dividere sui temi etici: le famiglie vogliono sentir parlare della famiglia punto. Non importa di che tipo di famiglia si tratti, la famiglia è la famiglia. E come dice la Costituzione è la cellula fondamentale della società e va sostenuta innanzitutto con il lavoro, con l’istruzione e con l’assistenza sociale e sanitaria. Come ha detto Paolo Ciani a Milano, siamo stanchi di essere considerati di sinistra quando parliamo di pace e di immigrazione e moderati o di destra quando parliamo di eutanasia e gestazione per altri. Siamo le stesse persone e il tempo della prepolitica è finito, ora vogliamo partecipare attivamente e fare la nostra parte a tutti i livelli”.

  • Quale l’apporto con cui intendete arricchire la linea d’azione dei dem?
don Antonio Mazzi ed Ernesto Maria Ruffini

“Purtroppo la narrativa degli ultimi anni è stata presidiata dai populisti di destra e di sinistra. I temi più rilanciati anche dalla stampa, dobbiamo dircelo, sono quelli più divisivi: fare un titolo sugli immigrati, sulla cultura gender o sulla legalizzazione delle droghe in questi anni è stato fin troppo facile. Più faticoso invece parlare di famiglia, di lavoro, di istruzione. Se vogliamo avere un’idea di come sarà l’Italia, e pure la nostra provincia, dobbiamo guardare a che cosa sono oggi la scuola e l’università. E’ lì dentro che si costruiscono veramente le cose nuove che vivranno i nostri figli. Ma è l’ultima cosa che interessa chi sta al Governo. E pure la politica estera è scambiata per un luogo dove fare tifoseria anziché costruire destini comuni. Altrimenti non ci sarebbero tante guerre in corso. Noi abbiamo chiarissimo il pericolo dei nazionalismi e dei sovranismi e siamo impegnati ogni giorno per la pace e la giustizia sociale. Siamo tanti e siamo in tutte le forze politiche: la scommessa di questo tempo è quella di connettersi e lavorare insieme. Serve coraggio per vivere questo tempo presente. Proprio perché è difficile non possiamo girarci dall’altra parte”.

La strada da seguire segnata dalla Dottrina sociale della Chiesa

  • Perché c’è bisogno dei cattolici in politica, in ultima analisi?

“Ad ascoltare l’intervento di Trump al suo insediamento alla Casa Bianca sembra che nella società odierna non ci sia più spazio per l’amicizia tra i popoli, per la solidarietà verso gli ultimi, per il dialogo costruttivo anche fra parti opposte. E visto che questo sembra essere il vento che soffia dovunque nel mondo, c’è bisogno di riaffermare la cultura del noi, il progresso orientato a sostenere i più fragili, l’attenzione soprattutto alla classe media che non arriva a fine mese. Soprattutto il tema della speranza, della fiducia nel futuro che vede nella denatalità uno degli effetti più preoccupanti. E quindi – come ha detto l’altro ieri il cardinale Zuppi – c’è bisogno che i cristiani, guidati dai principi della Dottrina sociale della Chiesa, partecipino con passione e responsabilità al dibattito pubblico e contribuiscano alla costruzione del bene comune. E’ tutto qui il senso del nostro impegno in politica. Attraverso azioni concrete per promuovere solidarietà e giustizia sociale”.

 

Stellantis: serve un piano sociale

Stellantis: serve un piano sociale

La crisi dello stabilimento Stellantis non è solo un dramma economico, ma una ferita profonda per il tessuto sociale del nostro territorio. A rischio non ci sono soltanto i posti di lavoro degli operai diretti, ma anche quelli di chi lavora nell’indotto e di chi, in modo indiretto, dipende da un’economia locale che potrebbe subire un contraccolpo devastante.

In questi giorni le immagini delle proteste e degli scioperi parlano di tensioni che rischiano di esplodere. Si stanno organizzando tavoli per provare a salvaguardare i posti di lavoro, e su questo l’impegno delle istituzioni e delle parti sociali sarà fondamentale. Ma c’è una domanda che dobbiamo porci: cosa succederà alle famiglie che, nonostante gli sforzi, perderanno comunque il loro reddito? Possiamo immaginarlo e dobbiamo prepararci, principalmente come Istituzioni ma in un processo capace di coinvolgere tutta la comunità del territorio, così come abbiamo imparato a fare fronteggiando l’emergenza Covid.

Un’emergenza sociale da non sottovalutare

Come chi ha vissuto l’esperienza amministrativa durante l’emergenza Covid sa bene, affrontare crisi di questa portata non significa limitarsi a gestire l’oggi, ma significa anche pianificare per il domani. Quella che abbiamo davanti potrebbe rivelarsi un’emergenza ancora più lunga e complessa, con centinaia di famiglie costrette a rivedere radicalmente le proprie vite. Ci sono misure che sarebbe opportuno mettere in campo prima che la situazione peggiori ulteriormente. Ad esempio, si potrebbe pensare a un coordinamento tra Comuni, distretti sociali, Provincia, Regione e tutte le realtà che operano nel terzo settore. Un tavolo dedicato alle conseguenze sociali della crisi potrebbe essere lo strumento per gestire i bisogni più immediati, come il sostegno alimentare o il pagamento delle utenze, ma anche per progettare interventi di più ampio respiro, come percorsi di formazione e reinserimento lavorativo.

Non solo un problema economico

A confermarlo è anche l’Agenzia Europea delle Droghe (EUDA), che lo scorso settembre ha pubblicato uno studio sull’impatto delle recessioni economiche sull’uso di droghe illecite. Il rapporto evidenzia come crisi economiche prolungate possano aggravare il consumo di sostanze, colpendo in modo particolare i giovani e i gruppi socialmente vulnerabili.

Un appello alla prevenzione

Sicuramente la politica è ancora in tempo per evitare che la chiusura dello stabilimento Stellantis diventi una crisi irreversibile per Cassino e per la provincia di Frosinone. Vedremo se stavolta la nostra classe dirigente si dimostrerà all’altezza dei grandi problemi di questo nostro tempo. E’ qui che si capisce la differenza tra quanto può essere facile vincere le elezioni e quanto poi è difficile governare e dare risposte concrete ai cittadini. Nel frattempo come comunità, abbiamo già dimostrato durante altre emergenze la nostra capacità di unirci e di trovare soluzioni. Ora è il momento di pensare non solo a salvare ciò che possiamo salvare, ma anche a proteggere chi rischia di rimanere indietro.

La necessità di un approccio integrato

Al di là dei tavoli di confronto per la salvaguardia dei posti di lavoro, già ben presidiati dalle organizzazioni sindacali, penso sia necessario attivare anche un piano d’azione che coinvolga le istituzioni e le realtà locali:
    • Comuni e distretti sociali: per monitorare le esigenze delle famiglie e coordinare gli interventi di assistenza.
    • Provincia e Regione: per allocare risorse straordinarie e implementare politiche attive del lavoro.
    • Terzo settore e sindacati: per offrire supporto psicologico, formazione professionale e orientamento al reinserimento lavorativo.
Si pensi ad esempio alla possibilità di istituire un fondo regionale di emergenza destinato a sostenere le famiglie colpite dalla crisi. Coprendo spese essenziali come mutui, affitti e utenze.

Potenziare i servizi sociali

O al potenziamento dei servizi sociali per offrire assistenza immediata, consulenza legale e supporto nella ricerca di nuove opportunità lavorative in collaborazione con enti di formazione e aziende, per facilitare il reinserimento nel mercato del lavoro. La crisi dello stabilimento Stellantis rappresenta una sfida senza precedenti per la nostra comunità. Ma non è solo una questione di numeri o di politica industriale: si tratta di difendere la dignità delle persone e il futuro delle famiglie. Questo richiede che tutti, dalle istituzioni alle organizzazioni sociali, passando per le imprese, facciano la loro parte. Aspettare rischia di significare trovarsi troppo tardi davanti a un’emergenza ormai ingestibile.
Giovani: impariamo ad ascoltarli

Giovani: impariamo ad ascoltarli

Oggi, nella Giornata per i diritti dei bambini e degli adolescenti, voglio parlarvi di un tema che mi sta a cuore: il modo in cui raccontiamo i giovani e le famiglie. Troppo spesso, quando si parla di ragazzi, il discorso si concentra sul disagio: li dipingiamo come fragili, problematici, in crisi. Dall’altra parte, i genitori finiscono sotto accusa, considerati incapaci di relazionarsi con i propri figli. È una narrazione che non funziona, e soprattutto non aiuta. Oggi più che mai, dobbiamo andare oltre.

Giovani: non una crisi, ma una risorsa

Sì, è vero, i dati mostrano delle criticità. Il 14% dei minori vive in condizioni di povertà assoluta, quasi uno studente su dieci conclude la scuola senza avere competenze di base adeguate, tanti ragazzi faticano a vedere regolarmente gli amici o vivono episodi di isolamento sociale​. Ma fermarsi a questi numeri significa dare un’immagine incompleta e ingiusta delle nuove generazioni.

I giovani non sono un problema, e nemmeno una “categoria fragile” da proteggere a tutti i costi. Sono invece una risorsa straordinaria. Nonostante le difficoltà, oltre il 60% degli adolescenti tra i 14 e i 19 anni dichiara di guardare al futuro con fiducia​. Cresce il loro impegno in attività di volontariato e movimenti per il cambiamento climatico. Questi ragazzi hanno una forza e una capacità di visione che dobbiamo riconoscere e valorizzare, non etichettare come “emergenza”.

E i genitori? Anche loro sono parte della soluzione

I genitori, a loro volta, finiscono spesso nel mirino. Uno studio recente ci dice che quasi la metà degli adulti sente di non riuscire a comunicare con i propri figli​. È facile, troppo facile, trasformare questo dato in un giudizio: “i genitori non sanno fare il loro lavoro”. Ma questa lettura è ingiusta e controproducente.

Dietro queste difficoltà, spesso, ci sono fattori esterni: il lavoro che lascia poco tempo, la pressione sociale, l’incertezza economica. I genitori non sono incapaci; sono persone che, come tutti, hanno bisogno di essere ascoltate e supportate. Non si tratta di fornire manuali d’istruzioni, ma di creare le condizioni perché le famiglie possano sentirsi parte di una rete di supporto, capaci di affrontare le sfide insieme ai propri figli.

Un cambiamento possibile, ma solo insieme

La verità è che non ci sono scorciatoie. Se vogliamo migliorare la condizione dei ragazzi e delle famiglie, dobbiamo lavorare insieme. Le scuole, le istituzioni, le associazioni, le famiglie stesse: tutti devono sentirsi coinvolti. Non si tratta di interventi miracolosi, ma di piccoli passi concreti.

Ad esempio, dobbiamo ricostruire spazi di dialogo, dove giovani e adulti possano parlarsi davvero. Troppo spesso, il problema non è la mancanza di soluzioni, ma la mancanza di ascolto. Impariamo a guardare i ragazzi negli occhi, a sentire le loro storie, a prenderli sul serio. E allo stesso modo, impariamo a riconoscere il valore dei genitori, a dar loro fiducia e strumenti per sentirsi protagonisti nel loro ruolo educativo.

Superare l’allarme per costruire responsabilità

Per fare questo, dobbiamo cambiare il modo in cui raccontiamo il disagio. Il disagio non è un’etichetta, non è una condizione definitiva. È una sfida, e come tutte le sfide può essere affrontata, se lavoriamo insieme.

Dobbiamo superare la logica degli allarmi. Le famiglie non sono “in crisi”, i ragazzi non sono “persi”. Sono parte di una società che ha bisogno di riconoscere i propri punti di forza per crescere. È qui che entra in gioco la responsabilità condivisa: smettere di cercare colpevoli e iniziare a costruire soluzioni.

Un futuro che parte dall’ascolto

La Giornata per i diritti dei bambini e degli adolescenti è il momento giusto per ricordarci che i giovani non sono numeri, né problemi da risolvere. Sono persone, con storie, sogni e potenzialità. E i genitori, come loro, non sono spettatori inermi, ma protagonisti di una comunità che può crescere solo insieme.

Guardiamo al futuro con fiducia. Non servono proclami, ma piccoli gesti concreti: ascoltare, dialogare, agire insieme. Perché non siamo emergenza. Siamo una società che ha tutto quello che serve per crescere e migliorare. Basta iniziare a crederci davvero.

La sfida educativa nelle periferie

La sfida educativa nelle periferie

Ho avuto l’opportunità di partecipare alla visita della Commissione Parlamentare sulle Periferie, invitato dall’On.le Paolo Ciani. Un’occasione importante, che ha portato i parlamentari a toccare con mano la realtà di due dei quartieri più complessi di Cassino, il Colosseo e San Bartolomeo. La visita si è conclusa proprio a San Bartolomeo, all’interno della Casa di Willy, uno spazio nato come simbolo di riscatto e attenzione al benessere delle persone, specialmente dei giovani.

Un esempio di rigenerazione sociale

La Casa di Willy è molto più di un centro educativo. Rappresenta l’impegno di un’amministrazione che ha voluto investire non solo in opere pubbliche e manutenzione, ma soprattutto nel tessuto sociale del quartiere. È un luogo di aggregazione sana ed educativa, pensato per dare ai ragazzi un’alternativa alla strada, un posto dove sentirsi accolti e supportati. Durante l’incontro, ho sottolineato ai parlamentari che questo tipo di iniziative non può restare un’eccezione. Ogni Comune dovrebbe avere a disposizione fondi per creare spazi di aggregazione, capaci di intercettare i giovani, soprattutto quelli più vulnerabili, anche attraverso interventi educativi di strada.

Investire sui giovani

Troppo spesso, infatti, le risorse pubbliche vengono destinate quasi esclusivamente alla manutenzione stradale o alle opere pubbliche, lasciando scoperti ambiti fondamentali come quello educativo. Non è possibile – ho detto ai parlamentari presenti – che si spendano milioni di euro per rifare le strade e poi non ci sia un centesimo per la protezione educativa dei ragazzi dei nostri quartieri. Questo è lo spirito con cui abbiamo voluto aprire il centro educativo a San Bartolomeo, e ci sarebbe bisogno di un’iniziativa simile anche al Colosseo, a Caira, a Sant’Angelo, a San Michele, e in tutti i quartieri di Cassino. È una necessità che le parrocchie, un tempo fulcro della vita sociale e della crescita educativa attraverso gli oratori, non riescono più a soddisfare per diversi motivi. Oggi è lo Stato, tramite i Comuni, che deve farsi carico di questa responsabilità.

Il ruolo delle istituzioni nella prevenzione

I fatti di cronaca che quotidianamente coinvolgono i giovani, tra reati violenti, episodi di bullismo, e altre forme di disagio, testimoniano che l’emergenza educativa è sempre più importante. Le istituzioni non possono più girarsi dall’altra parte o limitarsi a dare la colpa alle famiglie. Servono interventi strutturali e risorse per rispondere a queste sfide. La Casa di Willy è un esempio di buona pratica da replicare: non solo un centro, ma un progetto che coinvolge anche le realtà del terzo settore, una ricchezza inestimabile per i quartieri che può fare la differenza nella vita di molti ragazzi.

Servono impegni concreti e risorse certe

Viviamo in un’epoca in cui molti ragazzi sono soli di fronte a un mondo che si muove troppo in fretta, in cui la connessione è facile, ma i legami profondi sono rari. Sono figli di un tempo che non offre più certezze, che a volte sembra chiedere loro di crescere in un ambiente dove la violenza e il disorientamento sono all’ordine del giorno. In questa realtà, gli adulti – istituzioni, famiglie, comunità – hanno il dovere di tendere una mano, di creare spazi sicuri, di farsi garanti di una presenza che non giudica, ma guida.

Se non ci impegniamo ora a costruire luoghi come la Casa di Willy, a investire risorse nell’educazione e nella protezione dei nostri ragazzi, rischiamo di lasciare una generazione senza bussola, in balia di scelte difficili e spesso autodistruttive. La vera sfida per le periferie, e per tutti noi, è costruire insieme un futuro che non abbandoni i nostri giovani, ma li accompagni, con la pazienza e la cura che meritano.

Quando l’abitudine diventa compulsione

Quando l’abitudine diventa compulsione

Che cosa sono le dipendenze comportamentali?

Le dipendenze comportamentali, a differenza delle dipendenze da sostanze, non derivano da un consumo di prodotti come alcol o droghe, ma da comportamenti che si trasformano in abitudini compulsive. Si tratta di dipendenze che coinvolgono attività apparentemente innocue o quotidiane, come il gioco d’azzardo, il gaming, lo shopping online e l’uso dei social media. Quando una persona sviluppa una dipendenza comportamentale, la sua necessità di ripetere quell’attività diventa irrefrenabile, e la persona non riesce a ridurla o a controllarla, anche quando questa inizia a compromettere la sua vita quotidiana e i suoi rapporti.

A livello scientifico, queste dipendenze sono spesso paragonate a quelle da sostanze per via del loro effetto simile sul cervello: coinvolgono il sistema di ricompensa e gratificazione, portando la persona a provare una sorta di “picco di piacere” ogni volta che ripete l’attività. Col tempo, questo schema si consolida e il bisogno di ripetere il comportamento diventa sempre più difficile da gestire.

Segnali e sintomi di una dipendenza comportamentale

Proprio come nelle dipendenze da sostanze, le dipendenze comportamentali presentano segnali che possono allertare chi ne soffre o chi gli è vicino. Alcuni dei sintomi più comuni includono:

  • Ossessione per l’attività: il comportamento diventa il pensiero principale della persona, che dedica tempo ed energia a pensare a quando potrà ripeterlo.
  • Modifica dell’umore: l’attività porta temporaneamente un senso di piacere, rilassamento o fuga dai problemi quotidiani, diventando un rifugio emotivo.
  • Problemi relazionali e sociali: la persona trascura amici, famiglia o altre attività importanti per dare priorità alla sua dipendenza, spesso causando tensioni o conflitti.
  • Astinenza e irritabilità: quando prova a ridurre o interrompere l’attività, la persona può manifestare segni di malessere, ansia o irritabilità.

Gli indicatori principali della dipendenza comportamentale

Secondo i ricercatori, ci sono alcuni criteri per identificare una dipendenza comportamentale. Questi criteri aiutano a distinguere un semplice piacere da una vera e propria dipendenza:

  • Focalizzazione: l’attività diventa la priorità principale nella vita della persona, al punto da oscurare altre occupazioni o interessi.
  • Modifica dell’umore: l’attività influisce sullo stato d’animo, fungendo da valvola di sfogo o soluzione momentanea per problemi emotivi.
  • Tolleranza: la persona ha bisogno di aumentare la frequenza o l’intensità dell’attività per provare lo stesso grado di piacere o soddisfazione.
  • Sintomi di astinenza: il tentativo di ridurre l’attività provoca disagio o irritabilità.
  • Conflitto: nascono tensioni o problemi con familiari, amici o colleghi a causa del tempo e dell’energia dedicati alla dipendenza.
  • Ricaduta: nonostante gli sforzi per interrompere o ridurre l’attività, la persona torna a praticarla, spesso con un senso di perdita di controllo.

Perché sviluppiamo dipendenze comportamentali?

La dipendenza comportamentale si sviluppa spesso come risposta a stress, noia, ansia o situazioni difficili. Attività come il gioco d’azzardo o l’uso dei social media possono sembrare un modo semplice e immediato per evadere dalla realtà o per sentirsi appagati, ma questo sollievo è solo temporaneo. Con il tempo, il comportamento da piacevole diventa compulsivo e sfugge al controllo, spingendo la persona a ripetere l’attività nonostante i danni che essa provoca.

Prevenzione e trattamento delle dipendenze comportamentali

Exodus propone alcuni percorsi per affrontare questo problema: consulenza educativa, psicoterapia, centro diurno semiresidenziale. Percorsi che possono aiutare le persone a sostituire l’attività compulsiva con comportamenti più sani e soddisfacenti.

La prevenzione gioca un ruolo fondamentale, soprattutto tra i giovani, che sono più vulnerabili a sviluppare abitudini malsane legate a social media, gaming o shopping online. Educare alla gestione del tempo, al riconoscimento dei sintomi di dipendenza e all’importanza di mantenere un equilibrio nelle attività quotidiane può essere di grande aiuto per ridurre il rischio di sviluppare dipendenze.

Conclusione

Le dipendenze comportamentali sono una realtà complessa e diffusa, che può influire seriamente sulla qualità della vita. Anche se si tratta di attività apparentemente innocue, quando diventano ossessioni finiscono per interferire con la salute mentale e fisica, minando il benessere dell’individuo e delle sue relazioni. Riconoscere i segnali e agire tempestivamente è essenziale per evitare che l’abitudine si trasformi in un problema cronico. Con un intervento appropriato e il supporto di professionisti, è possibile superare le dipendenze comportamentali e ripristinare l’equilibrio.

Una giornata di memoria, impegno e speranza

Una giornata di memoria, impegno e speranza

Oggi è stata una giornata ricca di emozioni e significato, dedicata alla memoria di Willy Monteiro Duarte, un ragazzo il cui sacrificio continua a rappresentare un simbolo di giustizia e solidarietà. L’Istituto IIS “Medaglia d’oro – Città di Cassino” ha ospitato un incontro che ha coinvolto studenti, docenti e rappresentanti delle istituzioni, uniti nel ricordo di Willy e nell’impegno per un futuro migliore.

L’intervento a scuola

La mattinata è iniziata nell’aula magna dell’Istituto, dove gli studenti hanno partecipato a un momento di riflessione condivisa. Nel mio intervento, ho sottolineato l’importanza di trasformare la memoria di Willy in azioni concrete, evitando che il suo sacrificio venga dimenticato. Abbiamo parlato della necessità di promuovere comportamenti nonviolenti, tolleranza e amicizia tra i ragazzi. Ho anche ricordato il coraggio straordinario della mamma di Willy, Lucia, che ha trasformato il dolore in un progetto educativo, offrendo testimonianza e speranza ai giovani.

Visita alla “Casa di Willy”

La giornata è proseguita presso “La casa di Willy”, il centro di aggregazione giovanile inaugurato nel quartiere San Bartolomeo. Questo spazio, nato con il sostegno del Comune, rappresenta un punto di riferimento fondamentale per i ragazzi del territorio. Qui, i giovani possono trovare un ambiente sicuro, educativo e stimolante, dove crescere e confrontarsi. Il centro è un tributo concreto alla memoria di Willy e un impegno tangibile per costruire una comunità più giusta e solidale.

Condivisione in Comunità Exodus

La giornata si è conclusa con un pranzo presso la Comunità Exodus, un’altra realtà che lavora quotidianamente per offrire ai giovani un’alternativa alla strada e alla solitudine. È stato un momento di condivisione autentica, dove abbiamo ribadito l’importanza di spazi di aggregazione e di progetti educativi che mettano al centro i ragazzi.

Un messaggio di speranza

Questo incontro ha lasciato un segno profondo: la memoria di Willy non è solo un ricordo, ma un impegno collettivo. Come comunità, dobbiamo continuare a chiedere risorse e attenzione per i giovani, investendo in spazi e progetti educativi. Solo così potremo trasformare la violenza in speranza, proprio come ha fatto la signora Lucia, che con il suo esempio ci ricorda ogni giorno il valore della solidarietà e del cambiamento.

Una giornata che non dimenticheremo, con l’obiettivo di costruire insieme un futuro migliore per tutti i ragazzi della nostra città.

Gioco d’azzardo: il dramma nascosto dietro lo schermo

Gioco d’azzardo: il dramma nascosto dietro lo schermo

Sempre più giovani, inghiottiti dal vortice del gioco d’azzardo, cadono nella trappola. Clic dopo clic, una scommessa dopo l’altra, inseguono l’illusione di poter vincere, di ribaltare il proprio destino, di dominare una partita truccata. Quello che credono essere solo un gioco si trasforma, però, in un abisso senza fine. Questi ragazzi finiscono stritolati in un ingranaggio che non perdona, che risucchia ogni risorsa: economica, sociale, personale.

Non è solo un fenomeno legato alla fragilità individuale: è un dramma collettivo, un cancro che si espande silenziosamente. E la provincia di Frosinone non fa eccezione. Lo conferma la ricerca dell’Università di Cassino, realizzata dal Laboratorio di Ricerca Sociale diretto dal professor Maurizio Esposito. Dati durissimi, che ci sbattono in faccia una realtà allarmante. L’indagine evidenzia come il gioco d’azzardo stia corrodendo non solo chi vive già ai margini, ma anche giovani. Giovani che, a causa della crisi economica e lavorativa, vedono nella vincita facile un’uscita dalla disperazione. È una discesa lenta e inesorabile, spesso nascosta anche a chi è vicino.

Il click della rovina

C’è un dato che fa impressione. Dopo la pandemia, il gaming online è esploso con un aumento del 130%. Mentre le vecchie slot machine perdono terreno, i giochi e le scommesse online crescono a dismisura. Nel 2023, le somme giocate dagli italiani sono arrivate a rappresentare il 16% del reddito imponibile. Un dato che parla chiaro: i giovani italiani fra i 25 e i 34 anni hanno aperto oltre un milione e duecentomila conti gioco online. Un milione di vite potenzialmente a rischio di essere rovinate. E il vero pericolo? La dipendenza da gioco online è subdola, nascosta, lontana dagli occhi di chi potrebbe intervenire. I genitori, gli amici, non vedono. I giocatori sono soli, davanti a uno schermo che inganna e che non lascia scampo. Quello che sembra un passatempo innocente, si rivela una trappola inesorabile. E troppo spesso, quando se ne rendono conto, è già tardi.

Servono risposte nuove

Il primo punto di riferimento anche per le persone con dipendenza da gioco è il Servizio per le Dipendenze della Asl. In provincia ce ne sono quattro: a Frosinone, Cassino, Sora e Ceccano. Ma serve fare di più. Per questo dal 1° settembre, in collaborazione con il Ser.D. di Cassino e la Asl di Frosinone, abbiamo attivato un nuovo Centro Diurno per le dipendenze comportamentali, incluso il gioco d’azzardo. Un rifugio per chi non sa più come uscire dal tunnel. Un luogo dove chi soffre può trovare un programma di riabilitazione, dove affrontare la propria dipendenza con il supporto di professionisti, attraverso psicoterapia, sport e sostegno. Un luogo dove tornare a respirare. In realtà già da due anni, in collaborazione con il Consorzio per i Servizi sociali, è stato attivato un gruppo di auto aiuto per giocatori problematici che finora ha coinvolto una trentina di persone. Ma c’è ancora tanto da fare per sensibilizzare il territorio di fronte a questa piaga sociale.

Un problema che riguarda tutti

Siamo di fronte a una battaglia che la società non può più ignorare. Non è più possibile chiudere gli occhi. Serve un’azione collettiva, che parta dall’educazione nelle scuole e arrivi alla regolamentazione dell’offerta di gioco. Troppe sale giochi, troppi luoghi di tentazione a portata di mano. Dal punto di vista medico e della salute mentale non possiamo permettere che i bar e i tabaccai diventino luoghi di perdizione. Ben vengano posti dedicati esclusivamente al gioco ma fuori dai centri abitati. La recente introduzione delle nuove linee guida per l’educazione civica nelle scuole parla finalmente di prevenzione delle dipendenze: prendiamo la palla al balzo. Immaginate l’impatto che avrebbe un’ora di educazione civica passata in una comunità come Exodus, a contatto con chi ha toccato il fondo. Sarebbe un’esperienza formativa, reale, che colpirebbe al cuore. Solo così possiamo davvero sperare di prevenire il disastro.
Solitudine e fragilità: l’ombra nascosta della generazione iperprotetta

Solitudine e fragilità: l’ombra nascosta della generazione iperprotetta

Diciassettenne pluriomicida: solitudine e fragilità opprimono gli adolescenti di oggi, generazione iperprotetta vittima di un mondo virtuale che alimenta fragilità e isolamento.

Stavolta la droga non c’entra, l’alcol non c’entra, la malattia mentale non c’entra. Non c’è bullismo, non c’è separazione dei genitori, non c’è abuso di social, anzi. Riccardo, 17 anni, era studioso, serio, sportivo, tranquillo e con la fidanzata. Ma si sentiva solo. La solitudine lo opprimeva. In mezzo agli altri si sentiva un corpo estraneo e così era pure in famiglia. Da qualche giorno gli girava in testa uno stesso pensiero: eliminare quelli che non lo capivano. Quelli che avrebbero dovuto essere motivo di gioia, di sicurezza, di protezione: la famiglia. E che invece nella sua testa rappresentavano il contrario, il motivo del suo disagio. (Leggi qui: Strage in famiglia, il ragazzo al pm: ‘Vivo un malessere’ ma era lucido. Nessun movente accertato).

Il disagio

Quello stesso disagio che ogni adolescente affronta ogni giorno e di fronte al quale ogni genitore è costretto a domandarsi dove ha sbagliato, cosa è andato storto, cosa sarebbe potuto andare diversamente. Mentre i ragazzi pensano a come liberarsi da quell’oppressione, Riccardo covava l’assurda idea omicida che partiva da un pensiero ossessionante: «Non avevo un vero dialogo con nessuno. Era come se nessuno mi comprendesse». Per tanti ragazzi la fuga dal disagio si trasforma in bullismo, uso di alcol e droghe, abuso di internet e videogame. Per altri invece, forse come Riccardo, sempre di più negli ultimi anni, la fuga dalla realtà diventa una specie di auto condizionamento mentale che diventa ansia, attacchi di panico, angoscia immotivata. (Leggi qui: Occhi chiusi per non vedere la droga che uccide i nostri ragazzi).

La generazione ansiosa

I nostri adolescenti sono quelli che hanno chiuso l’epoca del gioco e hanno aperto l’epoca dello smartphone. Hanno cambiato completamente il modo di essere bambini e ragazzi. Si immergono per ore nel mondo virtuale fatto di immagini e video che rimandano un messaggio denominatore comune: la felicità non è dove sei tu, è qui dove stiamo girando questo video. E tu non ci sei. Da qui nasce l’ondata di ansia, depressione, disturbi alimentari, istinti autolesionisti e suicidari. L’ondata di malattia mentale che investe il mondo degli adolescenti da dieci anni a questa parte.

Dalla scoperta della vita alla difesa dalla realtà

Prima i ragazzi erano presi dalla voglia di scoprire la vita, avevano fretta di diventare adulti, conoscendo il mondo conoscevano sé stessi e sbattendo il muso contro le illusioni intanto si rinforzavano e si preparavano alla vita adulta. Poi sono diventati grandi e sono diventati genitori e sono diventati protettivi, anzi, iperprotettivi. Oggi possiamo localizzare in qualunque momento i nostri figli e, volendo, potremmo attivare da remoto il microfono del loro telefono per ascoltare quello che gli succede intorno, con chi parlano e di cosa parlano (Leggi qui: Cellulari fuori, educazione dentro. Adulti sotto esame). Quando però girano per 7/8 ore al giorno su internet, non sappiamo dove vanno, cosa vedono e cosa leggono. Ci piace pensare che stando sul letto della loro camera non corrano nessun rischio. Nel frattempo quella voglia di scoprire il mondo si è trasformata in necessità di difendersi da tutto. Tutto è un pericolo, tutto è una minaccia. Anziché cercare nuove esperienze cercano di difendersi dall’ansia.

Parliamone

Chi ha tolto ai nostri figli la fiducia nel futuro? E nel prossimo? Chi ne ha fatto una generazione di persone fragili e apprensive? Chi gli impedisce di affrontare rischi ed emozioni, di imparare a dominare le proprie paure, di sviluppare quelle capacità di affrontare i problemi e le conseguenze del loro agire? Siamo noi genitori, resi ansiosi a nostra volta dalla società della paura nella quale viviamo, dove certa politica e certa comunicazione ci hanno insegnato a prendere le distanze da tutto ciò che è altro da noi. E così ci ritroviamo figli spesso incapaci di badare a sé stessi, incapace di gestire conflitti e frustrazioni. Fragili e soli, come Riccardo. Non ci sono soluzioni drastiche efficaci, non ci sono ricette, ogni adolescente è una foresta di sentimenti, ogni famiglia è un mondo a parte. Ma bisogna parlarne, confrontarsi, non avere paura. Provare con fiducia a darsi delle regole, accettare il conflitto coni figli, consapevoli che è proprio dentro al conflitto che i figli si rafforzano. Nel confronto che, scoprendo le differenze, imparano a conoscere sé stessi. Senza darsi obiettivi stupidi come assomigliare alla famiglia del Mulino Bianco. A Riccardo non è servito. Non serve a nessuno.

(Foto di Copertina © freepik)

Stop agli smartphone in classe

Stop agli smartphone in classe

Da settembre il cellulare resta a casa o al massimo chiuso nello zaino. Ritorna il caro vecchio diario di carta per segnare i compiti. Smartphone banditi dunque, anche per uso didattico sotto il controllo degli insegnanti.
L’uso eccessivo della tecnologia ha un impatto negativo e potenzialmente pericoloso sullo sviluppo cognitivo dei ragazzi. Per non parlare del crollo del rendimento scolastico degli adolescenti. Distrazione, perdita di memoria e di concentrazione, diminuzione della capacità dialettica e di spirito critico. Con tanto di studi scientifici a supportare la decisione del Ministro accolta con favore da tanti genitori rassicurati dal provvedimento.
Insomma il nemico smartphone è messo all’angolo. Ed ora? Assisteremo ad un cambiamento generazionale epocale? Ai social abbiamo dato la colpa di fronte ai ragazzi depressi, a quelli che si comportano male con gli adulti, a quelli che non vanno bene a scuola, di fronte agli episodi di bullismo e alle sfide pericolose. Tutto il disagio e la sofferenza giovanile di questi anni hanno trovato una causa, il famigerato cellulare che adesso dovrà vedersela con il Ministro dell’Istruzione. Quanto ci piace semplificare la complessità del nostro tempo! Anche perché così abbiamo più tempo per postare su tutti i social le nostre opinioni, la nostra vita privata, la rappresentazione di noi stessi che ci fa sentire all’altezza di una timeline straboccante di modelli di successo. Sarà anche per questo che andiamo perdendo credibilità di fronte ai ragazzi?

Torniamo a fare gli adulti

Non c’è dubbio che oggi fare il genitore è più complicato di ieri: l’era digitale mette i ragazzi su un piano diverso dal nostro approccio “analogico” alle cose della vita. Però l’uso smodato della tecnologia e dei social, diciamocelo, riempie un vuoto, per un per un bel po’ di tempo delle nostre giornate. E poi lascia un vuoto ancora più profondo. E piano piano diventa come una droga. Ti da la sensazione di benessere, di euforia, ti fa dimenticare i problemi, poi finisce l’effetto e i problemi tornano ingigantiti. E si ricomincia. Un circolo vizioso che giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno ci va trasformando in adulti sempre meno adulti e sempre più adolescenti. Sempre più fragili. E magari pensiamo anche che i nostri figli non se ne accorgano. Però tutti a parlare della fragilità degli adolescenti confortati da studi, statistiche, esperti e gridi d’allarme.

Fuori il cellulare, dentro l’educazione digitale

Mettere al bando il cellulare non basta. A noi adulti, a scuola e in famiglia, resta il compito di educare ad un uso consapevole e responsabile dello smartphone e dei social. Da dove si comincia? Con un po’ di umiltà bisogna imparare alcune cose prima di spiegarle ai ragazzi. In rete si trova di tutto ma anche questo approccio rischia di essere semplicistico di fronte a questioni così complesse. La cosa migliore è partecipare a qualche momento formativo rivolto agli adulti, genitori e insegnanti, con la presenza di esperti. Gli incontri “in presenza” sono importanti perché consentono di confrontarsi, porre dubbi, sperimentare gli strumenti, ad esempio di parental control, condividere soluzioni, buone prassi e abbassare il livello di ansia. Il primo bisogno dei genitori è quello di non sentirsi soli perché il senso di impotenza ovviamente prelude all’atteggiamento rinunciatario. E a forza di rinunciare ad educare i figli stiamo finendo per rinunciare a farli i figli.

L’Università della Famiglia

Ci sono tante realtà del terzo settore, ma anche Scuole e qualche Comune, che organizzano incontri di formazione per genitori ed insegnanti. Exodus ha lanciato diversi anni fa l’Università della Famiglia che, anche quest’anno, ad ottobre, riaprirà le attività con incontri animati da esperti con lunga esperienza di lavoro con gli adolescenti, nel campo del disagio giovanile, delle dipendenze, della relazione educativa e della progettazione sociale. La famiglia e la scuola sono i fattori di protezione più importante contro la sofferenza che galoppa tra i giovani, soprattutto dalla pandemia in poi. Informarsi, capire ed educare è un compito e una responsabilità a cui non possiamo sottrarci. Proviamo a farlo insieme, proviamo a farlo tutti.

Foto di copertina: Image by freepik

Il carcere e la città

Il carcere e la città

Ventuno anni, poco più che adolescente. Questa l’età di ragazzo morto nel carcere di Frosinone qualche giorno fa. Ha inalato il gas di una bomboletta da campeggio e sembra improbabile che possa averlo fatto per errore. Un’indagine con cui accertarlo è stata aperta dalla procura del capoluogo. Dunque potrebbe trattarsi del quarantottesimo suicidio nelle carceri italiane di quest’anno. Ma ad oggi siamo già a 50 casi e in questi primi sei mesi del ‘24 ce ne sono anche 5 che riguardano gli agenti di custodia. Il mondo delle politiche sociali deve interrogarsi, oggi più che mai, su come ridare dignità alle persone detenute.

Lo “svuota-carceri”

Mentre scrivo il Ministro Nordio presenta in Consiglio dei Ministri il decreto “svuota-carceri” con sconti di pena e facilitazioni per le misure alternative ma il sovraffollamento non è l’unico aspetto. Il vero punto, che anche questo decreto non prova nemmeno ad affrontare, è la funzione rieducativa della pena, per la quale servirebbero educatori (appunto!), psicologi, scambio con le realtà (accreditate!) del Terzo settore.

Un mondo a parte

Entro in carcere da tanti anni per incontrare detenuti con problemi di tossicodipendenza. Con loro si incontra un mondo profondamente complesso, fatto di cancelli pesanti che ti si chiudono alle spalle ad ogni corridoio. Ma anche di persone che vivono o lavorano immerse in una dimensione parallela a quella della normalità.

Cassino, Frosinone, Regina Coeli, Rebibbia, Poggio reale, Nisida: il carcere è un mondo a sé stante dove il tempo ha senso solamente nell’attesa del fine penaNon è un tempo di ricostruzione, non è un tempo di conversione, non è un tempo di rieducazione, non è un tempo di cura. Perlomeno nella stragrande maggioranza dei casi. Anche a causa della mancanza di personale.

Eppure, non occuparsi della rieducazione dei detenuti, della ricostruzione delle loro abilità sociali, dei loro percorsi formativi e di reinserimento lavorativo è il più grande danno che la società possa fare a sé stessa perché quando il detenuto esce dal carcere non ha nessuna opportunità che gli impedisca di tornare a delinquere. Non ha paura di tornare in carcere perché non ha nulla da perdere.

Il “doppio fardello”

A maggior ragione se vive una condizione di salute compromessa come il disagio psichico, la tossicodipendenza, le varie forme di disturbo della personalità. La sanità penitenziaria è lontana anni luce dalla possibilità di prendere in carico realmente la sofferenza di queste persone.

Nel libro “Il doppio fardello” il professor Maurizio Esposito, partendo da un lavoro di ricerca molto approfondito, mette a nudo tutti i limiti del sistema penitenziario sul tema del diritto alla salute di persone alle quali non solo è negata la libertà ma anche la cura di malattie croniche che, di fatto, pregiudicano le relazioni e le prospettive future. Occuparsi della loro salute è il primo modo per ridare dignità alle persone detenute.

In un’intervista Giovanni Maria Flick (ex ministro di Giustizia e presidente della Corte Costituzionale) ricorda che “il carcere viene considerato un mondo a parte, poroso ma impermeabile a qualsiasi forma di cambiamento; uno strumento di reazione alla paura del diverso”. Invece di essere utilizzato come extrema ratio, per casi particolarmente gravi è lo strumento per risolvere problemi ordinari. A parere del giurista si continua a perseguire la strada del “carcere a ogni costo” e “ci si dimentica dei diritti e della dignità del detenuto, oltre che della funzione educativa della pena”. Aggiunge: “Ma c’è un principio che spesso viene dimenticato: è la pari dignità sociale, la quale non esclude nessuno, neanche i detenuti; neanche i condannati per i reati più gravi. È una dignità che spesso viene negata nei fatti che sembrano rendere impossibile un carcere diverso da quello attuale”.

Dignità alle persone detenute

Eppure iniziative innovative e molto interessanti si intravedono all’orizzonte come ad esempio la  collaborazione tra l’Università e il Carcere di Cassino che ha portato l’anno scorso il primo detenuto al conseguimento della laurea triennale in Servizi giuridici. Il progetto “Università in carcere” sta a dimostrare che i muri si possono superare. Così come numerosi sono i Volontari che intraprendono iniziative di solidarietà verso i detenuti.

Nella nostra provincia esistono tre istituti penitenziari, Frosinone, Cassino e Paliano, nei quali gli operatori della sicurezza, gli operatori sanitari e i volontari vivono più o meno gli stessi problemi. 

Mi domando se non possa avere senso costituire un Coordinamento “Carcere e città”. Gli Assessori alle politiche sociali dei 3 Comuni interessati potrebbero animare questo tavolo per dare maggiore incisività alle iniziative che hanno al centro i detenuti, le loro famiglie, le condizioni di vita in carcere e i difficili percorsi di reinserimento. Non il carcere dove ognuno coltiva il proprio orticello, bene sicuramente, ma il carcere dentro alla città dove fare rete significa che gli operatori possono aiutarsi tra di loro, scambiare buone pratiche, che i detenuti possono contare sul sostegno integrato di varie realtà, istituzionali e del privato sociale, dove la speranza possa trasformarsi in certezza di impegno corale per ridare dignità alle persone detenute. 

È chiaro che disperazione e solitudine diventano facilmente terreno fertile per gesti estremi ma non possiamo sopportare che in Italia, finire in carcere debba significare morte della propria dignità di essere umano.

Droga, apriamo gli occhi!

Droga, apriamo gli occhi!

Passata più o meno sotto silenzio anche quest’anno la Giornata mondiale di lotta alla droga. Il 26 giugno il Governo ha presentato i dati della relazione annuale al Parlamento mettendo in evidenza che quattro giovani su dieci tra i 15 e i 19 anni nel 2023 hanno fatto uso almeno una volta di sostanze stupefacenti. E in Provincia di Frosinone che succede? Il rapporto dell’osservatorio epidemiologico segnala che sono oltre 1.800 gli utenti in carico alla ASL. Da non dimenticare le persone, un centinaio circa, accolte dalle tre comunità terapeutiche In dialogo a Trivigliano, Nuovi orizzonti a Piglio e Fondazione Exodus a Cassino dove seguono un programma di riabilitazione residenziale.

Si conferma l’allarme, soprattutto in considerazione del fatto che i numeri ufficiali corrispondono ad almeno un terzo dei numeri veri, fatti dalle tante persone che per tanti motivi non si rivolgono ai servizi del pubblico e del privato sociale. Il boom di cocaina e crack si rispecchia negli episodi sempre più numerosi che negli ultimi anni vedono giovani protagonisti di episodi violenti. In questi giorni siamo impressionati dalla morte del povero Thomas a Pescara ma le “nostre” storie recenti di Alatri, Colleferro, Frosinone hanno tutte a che fare con le droghe che scorrono a fiumi nella nostra provincia.

I dati finalmente mettono in luce anche un altro fenomeno che riguarda sempre più spesso le ragazze: l’utilizzo di psicofarmaci senza prescrizione medica. Fatto che non si può non mettere in relazione con i fenomeni di isolamento sociale e di depressione che investono i nostri ragazzi. E con i suicidi che pure fanno sempre più impressione per la frequenza con cui caratterizzano una gioventù sempre più fragile e disorientata di fronte ai problemi della vita.

Potremmo parlare dell’alcol ma continuare a rincorrere i dati sull’uso di sostanze, da anni, non cambia le cose. Il punto è che abbiamo smesso di investire sull’educazione agli stili di vita sani. Abbiamo smesso di scommettere sulla prevenzione come risposta al disagio. Abbiamo disinvestito su tutte le azioni educative, proprio adesso che, nel post covid, la fragilità dei nostri adolescenti si vede da diversi sintomi: l’aumento dell’isolamento sociale, l’incremento degli atti di autolesionismo e di intenti suicidari. La questione delle sostanze è un effetto, ma non è l’unico: è il sintomo di una condizione di fragilità che è in costante aumento.

Ogni tanto si fanno interventi nelle scuole per parlare dei pericoli delle droghe ma dobbiamo dirci onestamente che è solo può modo per metterci a posto la coscienza: i ragazzi conoscono le sostanze e sono perfettamente consapevoli dei rischi, l’approccio disfunzionale si usava decenni fa, ma oggi sappiamo che non serve.

Droghe, alcool, dipendenze affettive, azzardo hanno tutte la stessa origine: sono modi per cercare la felicità al di fuori di sé. Sotto la dipendenza c’è sempre una sofferenza, un fuoco, su cui non basta mettere il coperchio, bisogna spegnere le fiamme.

Le strategie di lotta alla droga servono per quelli che già ci sono cascati e lottano per uscirne. Per questo abbiamo il lavoro che portano avanti i Ser.D. e le strutture del privato sociale. Anche se servono fondi e personale qualificato. Mancano medici, psichiatri e psicologi mentre le tariffe sono ferme al 2012 mentre in 12 anni il costo di tutto è raddoppiato.

Ma il punto vero è il completo disinteresse di questo Paese per le Politiche giovanili. La qualità del tempo libero che offriamo ai nostri ragazzi è pessima: il muretto, il centro commerciale, il campetto e poi? Quali spazi dedicano le nostre città ai ragazzi? Dove possono incontrarsi in maniera informale? E perché gli spazi di aggregazione di una volta non funzionano più? L’offerta ideale per il tempo libero degli adolescenti e dei ragazzi dovrebbe prevedere non attività già organizzate a cui loro si iscrivono, ma luoghi auto-organizzati. È necessario un progressivo arretramento del mondo adulto per lasciare ai ragazzi spazi da gestire, organizzare e ripensare.

A Cassino ci abbiamo provato con il Consiglio comunale dei giovani e lo stesso avviene a Sora, a Ceccano e in altri centri. Così come abbiamo inventato la “Casa di Willy” nel quartiere San Bartolomeo, sempre a Cassino, uno dei più difficili anche per la presenza di importanti luoghi di spaccio. Dico che abbiamo “inventato” perché non esistono fondi in Italia, né dal Governo, né dalle Regioni che possano essere utilizzati dalle città per aprire centri di aggregazione giovanile.

Una volta le Province erano titolari della responsabilità di attuare il Piano Locale Giovani, lo facevano con i fondi della Regione. Oggi non ci sono più né i fondi, né le competenze. Ciò non toglie però che, con un atto di coraggio e con un po’ di speranza nel futuro, ci si possa mettere intorno ad un tavolo e riaprire il ragionamento. Ai nostri ragazzi lo dobbiamo. Di segnali ce ne stanno mandando parecchi!

    Ne è valsa la pena

    Ne è valsa la pena

    Una cosa è certa: ho ricevuto molto di più di quello che ho dato. E questo è sufficiente per dire che ne è valsa la pena: dalle primarie del 2019 alle comunali di quest’anno ho perso e ho vinto e poi ho perso ancora ma la politica è entusiasmo, voglia di provarci, orgoglio di essersi messi in gioco.
    Soprattutto ne è valsa la pena perché oggi possiamo dire con certezza che la politica non è riservata ai professionisti, perché quando c’è una comunità unita da ideali ed entusiasmo si può affrontare qualunque sfida pur di essere all’altezza dei propri sogni.
    Oggi è il momento della delusione ma la passione per il bene comune continuerà in altre forme, certi che vale sempre la pena di “provare a lasciare il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato”.
    È stato un privilegio servire la mia città per cinque anni, accompagnando la speranza di chi, fra i più fragili, aveva bisogno di una risposta chiara, concreta e immediata dalle Istituzioni.
    Smaltiremo la delusione e riprenderemo il cammino al servizio del bene comune con ottimismo perché si può perdere un’elezione ma non il buonumore.
    A chi prenderà il mio posto lascio cose fatte con il cuore, progetti nati dall’incontro con le persone, mattoni solidi con i quali abbiamo reso più solida la nostra comunità.
    Ringrazio davvero tutti quelli con cui abbiamo fatto insieme questo pezzo di strada.
    Ma non si arriva se non per ripartire e siccome abbiamo dalla nostra parte l’entusiasmo, il tempo e la libertà continueremo ad occuparci di politica anche perché comunque la politica continuerà ad occuparsi di noi.
    Buona strada al Sindaco Enzo Salera e alla nuova maggioranza affinché portino avanti la rivoluzione che abbiamo iniziato insieme.

      Giornata mondiale sull’autismo

      Giornata mondiale sull’autismo

      L’occasione è nata nell’ambito del progetto “Open Sport”, il cui obiettivo è quello di favorire l’inclusione e la socializzazione delle persone in condizione di disabilità fisica o intellettiva, e delle persone che stanno vivendo una situazione di disagio relazionale a causa delle dipendenze.

      Lo sport e l’attività fisica in generale sono infatti lo strumento eletto per il miglioramento generale della vita di chi si trova in condizioni di particolare fragilità.

      Il parco che circonda la tenuta di Exodus ha accolto, sabato, quasi 70 minori disabili che sono stati seguiti da 20 operatori sportivi della disabilità, tra i quali almeno 5 istruttori specializzati nelle varie discipline. Baskin, pallacanestro in carrozzina, allenamento funzionale, karate, attività ricreative e laboratori all’aperto, hanno permesso di alzare l’asticella delle opportunità per i ragazzi e i bambini coinvolti e anche per le loro famiglie.

      Lo scopo di tutto il progetto è infatti proprio quello di disporre di un’offerta sempre più variegata e numerosa di attività sportive, praticabili anche per le persone con disabilità.

      Essere disabili o trovarsi in una condizione di disagio sociale, secondo il presupposto del progetto “Open Sport”, non può e non deve essere un limite alla possibilità di affrontare le sfide dello sport, e alle occasioni di confronto e crescita in mezzo agli altri.

      Non è stato trascurato l’aspetto sanitario e l’attenzione verso i partecipanti che hanno avuto a disposizione anche un osteopata e un medico per effettuare gratuitamente l’elettrocardiogramma a chi ne avesse fatto richiesta.

      Un incoraggiamento speciale è arrivato dall’atleta plurimedagliato Giuseppe Campoccio, conosciuto come “Joe Black”, campione paralimpico di getto del peso, lancio del disco e lancio del giavellotto, che ha al suo attivo ben 124 medaglie e si sta preparando, in queste settimane, alle Para Olimpiadi di Parigi che si svolgeranno dal 28 agosto all’8 settembre prossimi. Campoccio ha portato la sua testimonianza durante l’incontro che si è svolto nella Sala Talenti di Exodus (concomitante alla manifestazione sportiva esterna), e che ha visto, tra i partecipanti, Luigi Maccaro, responsabile Exodus Cassino e Assessore Comunale alla Coesione Sociale, la coordinatrice del progetto Open Sport Emanuela Torcinaro, l’educatrice professionale Marcella Vaccari, da Modena, Silvia Cannizzo del progetto OpenHub Lazio, il delegato provinciale del Comitato Italiano Paralimpico Eliseo Ferrante, e Franco Mazzarella del Sindacato Pensionati Italiani di Frosinone/Latina. All’incontro hanno preso parte anche molti genitori ed operatori dei ragazzi disabili, che hanno voluto lasciare la loro testimonianza parlando dell’esperienza dei rispettivi figli nei percorsi sportivi già avviati grazie ad Open Sport. Tra loro anche Laura De Fabritiis, socia fondatrice di LiberAutismo, e Isabella Mollicone, presidente di Aide.

      L’impegno di enti, associazioni e persone coinvolte ha permesso ad Open Sport di rendere operativi, già da questi giorni, gli hub sportivi di Cassino, Piedimonte San Germano e Atina, che ospiteranno ciascuno una delle discipline sportive disponibili per i ragazzi, i bambini e gli adulti disabili. I corsi, che saranno tenuti da istruttori e operatori qualificati, sono completamente gratuiti. Per accedervi è necessario contattare lo Sportello di Orientamento in modo da fissare un appuntamento o una consulenza (disponibile anche direttamente in modalità on line) con gli educatori. Successivamente al colloquio conoscitivo sarà possibile stabilire il percorso sportivo più adatto alla propria condizione o alle inclinazioni di ciascuno.

      di Barbara Mollicone

       

      Demos in maggioranza a Sora con Cerqua

      Demos in maggioranza a Sora con Cerqua

      AlessioPorcu.it, intervista di Piero Cima Sognai |

      Demos sale in cattedra amministrativa a Sora con la consigliera Manuela Cerqua investita di delega alla Biblioteca, al Museo e all’Archivio E’ la prova provata che state funzionando?

      È la prova provata che noi facciamo politica per metterci al servizio del bene comune. Prendiamo impegni con gli elettori e ci rimbocchiamo le maniche per mantener fede a quegli impegni. Come per le tante cose fatte a Cassino, anche a Sora la nostra consigliera Manuela Cerqua lascia i banchi della minoranza per assumere alcune responsabilità che, alla luce delle sue competenze professionali, ci consentiranno di contribuire all’ottimo lavoro amministrativo che sta portando avanti il Sindaco Luca Di Stefano, che ringrazio a nome di Democrazia Solidale, insieme a tutta la maggioranza che ci ha accolti.
      Biblioteca, Museo e Archivio possono migliorare diventando più accessibili e più inclusivi. Una rete di luoghi di studio e di ricerca ma anche di socializzazione e di crescita collettiva. Un impegno per il quale saremo tutti al fianco di Manuela con la serietà e la concretezza a cui siamo abituati.

      Riguardo a Cassino ha parlato di una “coalizione della serietà e della concretezza per una città solida e solidale”. Può spiegarsi meglio?

      Una coalizione è seria quando la realizzazione degli impegni presi nei confronti dei cittadini non vengono mai messi in secondo piano, per nessuna ragione, rispetto alle vicende politiche, agli interessi di partito o, peggio ancora, personali. E così è stato per i 5 anni a guida Salera. Sulla concretezza penso che non temiamo confronti con nessun’altra esperienza amministrativa del passato: dalle opere pubbliche alle assunzioni, dai progetti sociali alla gestione delle emergenze, tutti gli obiettivi raggiunti parlano dell’efficienza di questa squadra. Una città “solida” è una città con i conti a posto e il bilancio risanato che ci ha fatti uscire dal dissesto finanziario deliberato nel 2018 dal centrodestra ma anche una città che mette fra le sue priorità la sicurezza delle scuole e il dissesto idrogeologico. Mentre la città “solidale” è quella per cui ci siamo spesi molto in questi anni affinché ci fossero risposte per i cittadini più fragili: taxi sociale, emporio solidale, sostegno alla spesa e agli affitti, affido familiare, monitoraggio degli anziani soli, consulta disabili, sostegno psicologico per adolescenti. Sono le nostre parole d’ordine: serietà, concretezza, solidità e solidarietà.

      Perché a suo avviso Cassino è città migliorata rispetto a 5 anni fa e dopo tanti sfasci planetari?

      Cassino è migliorata perché la cittadinanza ha recuperato fiducia in sé stessa, scoprendosi come luogo attrattivo per un territorio molto vasto. Il simbolo è il centro pedonalizzato dove si incontrano le persone che fanno la fila per entrare a Teatro e gli studenti stranieri dell’università, le persone dei paesi vicini che frequentano i locali e che entrano nei negozi. Non ci sono più quelli che dicono dalla mattina alla sera che tutto va male e che tutto andrà sempre peggio. Finanche le opposizioni non hanno argomenti per decantare i mali di Cassino e perciò ripetono cantilene vuote del tipo “l’isola pedonale è bella ma ci voleva maggiore condivisione”. La verità è che avrebbero voluto bloccare in tutti i modi il progresso della città e i cittadini lo hanno capito.

      Dica la verità, quei 40 milioni di euro spesi nel pubblico li considera una polizza di assicurazione per vincere?

      No, la vittoria in tasca non ce l’ha nessuno. 40 milioni di euro di opere pubbliche sono un fatto storico per la nostra città, quasi una seconda ricostruzione: la prima c’è stata dopo la guerra, la seconda è avvenuta dopo stagioni politiche segnate da scarsa competenza, veti incrociati, interessi contrapposti. Noi abbiamo fatto del nostro meglio, abbiamo ridato credibilità alla politica. Ora la parola spetta giustamente ai cittadini. A quelli che si candideranno per portare il loro contributo nelle istituzioni comunali e a quelli che andranno a votare sapendo che “se tu non ti occupi della politica, la politica si occupa di te”.

      Il cambio di passo dell’Europa che lei auspica è possibile? E quale contributo potrebbe dare il voto cassinate?

      Il mondo sta andando sottosopra. La Russia, il Medioriente, l’Africa e il sud-est asiatico: troppi focolai, troppe dittature, l’America sempre più debole ci impongono uno sforzo storico per ridare centralità al nostro continente. Credo molto nel progetto degli Stati Uniti d’Europa perché solo così si potrà svolgere un ruolo di primo piano a livello politico, diplomatico, economico ma soprattutto culturale. E’ una scommessa troppo importante e noi italiani la dovremmo smettere di usare il voto europeo per regolare i conti interni. Al Parlamento Europeo dovremmo eleggere persone capaci di costruire interessi comuni di fronte al resto mondo. Sull’energia, sulla difesa, sulla salute. Dobbiamo volare alto e invece stiamo ancora qui a raccontarci la favoletta dei fondi europei. Per intercettare i finanziamenti europei servono bravi progettisti. Essere parlamentare europeo è altra cosa. Pure Exodus prende i finanziamenti europei ma mica servono i parlamentari per questo! Dobbiamo alzare il livello: anziché difendere il proprio orticello dobbiamo entrare in rete con tanti altri soggetti e costruire entità capaci di cogliere le sfide globali.

      Una Pasqua difficile…

      Una Pasqua difficile…

      È una Pasqua difficile, nella quale si fa fatica ad intravedere i segni della resurrezione.
      Perché manca la fiducia nella domenica che deve venire. Viviamo un’inquietudine nuova che facciamo fatica a raccontarci, quasi come se ce ne vergognassimo. L’attentato a Mosca, la guerra in Ucraina che dopo due anni sembra una specie di Vietnam europeo, la strage di bambini e di civili a Gaza, la corsa al riarmo… Tutto sembra dirci che si è aperta un’epoca nuova per l’Europa.
      Quella stessa Europa in cui 9 milioni di adolescenti soffrono di problemi mentali e dove il suicidio è la prima causa di morte tra i 15 e i 19 anni.
      Poi ci meravigliamo se a Cassino vanno a votare solo 200 ragazzi su tremila aventi diritto al consiglio comunale dei giovani.
      Mi sembra che siamo immersi in una nuova pandemia dove il virus del disagio avvolge tutti con ricadute sociali, educative, culturali ed anche politiche.
      Le banalizzazioni populiste (a destra come a sinistra), l’uso della paura per intercettare il consenso non fanno altro che aumentare angoscia e rancore.
      Siamo di fronte ad una specie di Mar Rosso che per essere attraversato ha bisogno di guide sicure, leader capaci e credibili.
      Serve una nuova cultura politica, senza nostalgie e senza sorrisi di plastica.
      E invece abbiamo di fronte una sfida americana come quella tra Biden, 81 anni, con una salute malferma e Trump, 77 anni, con tutti i suoi casini, che si candidano a guidare il mondo…
      Quando è finita l’epoca dei grandi sogni, del desiderio di partecipazione per cambiare il mondo e migliorare le condizioni di vita di tutti?
      Da quando abbiamo più preoccupazioni che speranze, più ansia che voglia di lottare per le conquiste sociali?
      Cercasi persone di buona volontà per lasciare il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato…
      La Pasqua siamo noi, se siamo capaci di attraversare la paura e trasformarla in speranza attraverso il nostro impegno personale e collettivo.
      Senza scuse, senza giustificazioni, senza dire “non ho tempo per queste cose” ma anche senza giudicare chi sceglie di non impegnarsi.
      Buona preparazione…

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      Il lavoro sociale

      Il lavoro sociale

      Il lavoro sociale richiede oggi un alto livello di professionalità affinché gli interventi possano concretamente migliorare la qualità della vita delle persone e delle comunità.
      Per questo ha una dimensione duplice: da un lato quella professionale dall’altro quella politica perché agente di cambiamento sociale.
      Partecipare agli incontri di formazione organizzati dal prof. Maurizio Esposito dell’Università degli Studi di Cassino è sempre un’occasione imperdibile di confronto e accrescimento delle conoscenze in un campo che è costretto a mutare profondamente e rapidamente di fronte ai cambiamenti sociali.
      In questi 5 anni di assessorato abbiamo affrontato 3 emergenze importanti: la pandemia, l’accoglienza dei profughi dall’Ucraina e la chiusura del reddito di cittadinanza. E malgrado il dissesto finanziario del Comune abbiamo lanciato numerosi progetti innovativi.
      L’abbiamo potuto fare grazie alla professionalità dei nostri assistenti sociali capaci di costruire di volta in volta una rete di protezione intorno alle persone fragili che vengono prese in carico e, allo stesso tempo, capaci di realizzare interventi di comunità rivolti a fasce di popolazione fragile.
      #cassinosociale #cassino2024 #laforzadelnoi

      La prima responsabilità è dei gestori

      La prima responsabilità è dei gestori

      Incontriamo sempre più persone con problemi di ansia, depressione, attacchi di panico che hanno trovato sollievo nell’uso di alcol e droghe, peggiorando in questo modo la loro situazione aggiungendo anche una dipendenza patologica.
      Molti ragazzi raccontano di usare cannabis perché li fa sentire meno ansiosi ma quello che sembra un aiuto nel breve termine in realtà diventa ben presto un danno enorme.
      Uno squilibrio emotivo tipico dell’età adolescenziale.
      I questionari somministrati dagli operatori dell’unità mobile hanno confermato anche per il 2023 che il 30% degli studenti delle scuole superiori ha provato almeno una volta ad usare sostanze stupefacenti.
      Educatori che stanno molto spesso tra i ragazzi nelle serate dei fine settimana per fare informazione e prevenzione.

      Non è giusto dare la colpa alle famiglie: oggi educare è impresa difficilissima. Così come è riduttivo imputare alle forze dell’ordine la mancanza di controlli. In queste vicende la prima responsabilità è dei gestori dei locali. Alcuni dei quali, in coscienza, adottano comportamenti responsabili. Altri no.

      Siate artigiani di Pace!

      Siate artigiani di Pace!

      Bellissima mattinata insieme ad oltre 400 scout per manifestare per la pace in occasione del Thinking day 2024, la Giornata del Pensiero che unisce gli scout di tutto il mondo.
      Ho avuto l’onore di portare i saluti del Sindaco Enzo Salera e dell’Amministrazione comunale e l’ho fatto con queste parole:
      «Grazie a voi tutti per aver voluto questo momento di pace, questo momento di testimonianza rivolto alla nostra città di Cassino. Oggi siamo qui per dire che noi scegliamo la pace, che noi restiamo umani, che noi non ci abitueremo mai alla guerra e che mai diventeremo degli indifferenti.
      La Pace deve, oggi più che mai, essere un sogno concreto. Certo, è difficile che i sogni siano concreti. Anche gli ideali, le profezie sembrano essere tutt’altro che concreti.
      Ma noi siamo qui oggi perché crediamo profondamente alla concretezza di questo sogno.
      In questa nostra Europa abbiamo deciso 80 anni fa di non permettere mai più una guerra fra due popoli: un risultato enorme all’indomani della seconda guerra mondiale! Un progresso enorme delle nostre democrazie dal quale non vogliamo retrocedere.
      Eppure da due lunghissimi anni, nel cuore della nostra Europa, in Ucraina, si combatte, si muore, muoiono soldati, muoiono civili, muoiono bambini. Perché la Russia ha invaso l’Ucraina e perché Putin ha invaso la Russia.
      Noi scout ci sentiamo CITTADINI DEL MONDO per questo crediamo che le ucraine e gli ucraini sono nostre sorelle e nostri fratelli. Ed anche le russe e i russi lo sono. La popolazione ucraina è sorella della popolazione russa ed entrambe sono sorelle della nostra popolazione: che è la popolazione europea.
      Non c’è e non ci deve essere un popolo nemico di un altro popolo.
      Né in Europa né in Medio oriente né in nessuna altra parte del mondo.
      Penso a quanto accade ogni giorno nella striscia di Gaza: migliaia di bambini uccisi, una vera e propria strage degli innocenti. più passano i giorni, più aumentano i morti e le violenze.
      Di fronte a questi disastri però, dai quali ci sentiamo profondamente interrogati, vale la responsabilità personale e quella collettiva: nei cuori di ciascuno non può esserci spazio per il desiderio di conquistare, avvilire e devastare un altro popolo, altre persone. Siamo qui per dire che per noi, CITTADINI DEL MONDO, non contano i confini, contano le persone.
      C’è chi pensa ancora che l’umanità possa tollerare un conflitto continuo. Il Papa l’ha chiamata “terza guerra mondiale a pezzi”. Ma non è questo il mondo che vogliamo costruire.
      E lo diciamo da qui, da Cassino, una città legata all’Europa, legata al mondo, perché Cassino è una città martire, testimonianza del desiderio di pace, speranza in un sogno concreto che si chiamava e si chiama ancora oggi Pace.
      Ogni volta che pensiamo alla guerra ci viene naturale pensare ai bambini: sta lì tutta la nostra responsabilità, tutta la nostra civiltà. Il grado di civiltà di una società si misura da questo: da quanto si riesce a permettere ai bambini di crescere nella libertà e nella giustizia.
      Noi pensiamo di poter costruire la pace partendo dall’educazione delle giovani generazioni, camminando insieme a loro lungo le strade della nonviolenza e della mondialità, con spirito di fratellanza universale, rispetto delle differenze culturali e religiose, occasione di dialogo e di arricchimento.
      “E le genti che passeranno ti diranno che bel fior”: Ecco, teniamo presente che chi viene dopo di noi, i nostri figli, i nostri fratellini, giudicherà la bellezza di ciò che abbiamo fatto se saremo capaci di consegnare loro un pianeta in cui fioriscono fiori di pace, di uguaglianza, di giustizia.
      Ecco perché siamo chiamati tutti a fermarci e ad essere ARTIGIANI DI PACE. Grazie a tutti voi di essere qui e buona strada!»
      Basta guerra!

      Basta guerra!

      Basta guerra! Due anni di guerra in Ucraina, nel cuore dell’Europa! e decine di altre guerre in altrettante parti del mondo. Mesi di strage di civili nella Striscia di Gaza.
      L’anno scorso il 24 febbraio eravamo in piazza Diamare a manifestare solidarietà al popolo ucraino.
      Due anni fa, sempre il 24 febbraio, eravamo in Comune ad organizzarci per accogliere gli oltre 200 profughi che sarebbero arrivati.
      Oggi, 24 febbraio, siamo qui a dire che ogni guerra ci riguarda da vicino perché noi restiamo umani, non ci abitueremo mai, non saremo mai indifferenti e come città martire della guerra saremo sempre pronti ad accogliere chi cerca un luogo di pace.
      100 cose fatte…

      100 cose fatte…

      Sono passati quasi 5 anni da quando Demos – Democrazia Solidale ha iniziato il cammino al servizio della città di Cassino. Abbiamo selezionato 100 “cose fatte” tra quelle che riteniamo più significative. Le vorremmo raccontare agli Amici che ci hanno sostenuto in questi anni: senza quel sostegno niente di tutto ciò sarebbe stato possibile. Ma “non si arriva se non per ripartire” per questo vorremmo scrivere insieme le 100 “cose da fare” se verremo rieletti alle prossime elezioni del 9 giugno. Aspettiamo anche te, martedì 23 gennaio alle 17.30 a Exodus. 😉

      Se da oggi tanti cittadini possono guardare con più fiducia al loro futuro è perché finalmente la Politica fa vedere le cose buone, le cose che rendono questa comunità una comunità solida perché solidale, forte perché capace di non lasciare indietro nessuno.


      Un elenco…

      1. Alessandra Umbaldo eletta Vice Presidente del Consiglio comunale
      2. Istituzione della Consulta per i diritti delle persone con disabilità
      3. Taxi sociale
      4. Nuovo Regolamento Centro Anziani, gestione affidata alle APS
      5. Istituzione del Garante comunale per l’infanzia e l’adolescenza
      6. Regolamento per i rapporti con il Terzo Settore
      7. Istituzione del Consiglio comunale dei Giovani 15-25 anni
      8. Istituzione dei Comitati di Quartiere
      9. Regolamento per la gestione dei beni confiscati
      10. Creazione del Centro Affidi distrettuale
      11. Avviso per la concessione di alloggi ATER
      12. Gestione Emergenza Covid
      13. Gestione Volontari “Cassino Risponde”
      14. Gestione Emergenza Ucraina
      15. Gestione Emergenza chiusura Reddito di Cittadinanza
      16. Delibera Cooperativa di Comunità
      17. Tavolo sulla Grave marginalità sociale
      18. Piano Eliminazione Barriere Architettoniche
      19. Fondo Barriere Architettoniche indennità amministratori
      20. Emporio solidale con Banca Pop. Cassinate
      21. Casa di Willy, centro aggregazione San Bartolomeo
      22. Movida sicura
      23. Protocollo intesa dipendenze Asl, Unicas, Exodus
      24. Progetto prevenzione scuole sulla cannabis
      25. Sportello ascolto e orientamento sul gioco d’azzardo
      26. Protocollo intesa Caritas, Casa della Carità persone senza fissa dimora
      27. Istituzione della via fittizia per un persone senza fissa dimora
      28. Formazione famiglie affidatarie
      29. Sportello psicologico adolescenti
      30. Evento “La città dei ragazzi”
      31. Tavolo politiche giovanili
      32. Gestione progetti Servizio civile
      33. Gestione Progetti di Utilità Collettiva
      34. Partecipazione alla Marcia della Pace Perugia Assisi
      35. Evento di solidarietà con il popolo ucraino
      36. Incontro fra l’Amministrazione comunale e la prima municipalità di Kiev
      37. Registro Comunale Terzo settore
      38. Gestione Rocca Janula per il Turismo giovanile
      39. Progetti Terza Età con i Centri Anziani
      40. Formazione Centri Anziani stili di vita sani
      41. Formazione Centri Anziani sul gioco d’azzardo
      42. Celebrazione della Festa dei nonni
      43. Incremento dei fondi per il sociale da x a 5 mln
      44. Realizzazione Carta dei Servizi per il Sociale
      45. Gestione contributo affitti
      46. Ufficio persone con disabilità
      47. Incremento assistenza specialistica nelle scuole
      48. Inclusione sociale disabili attraverso il lavoro nell’emporio solidale
      49. Celebrazione Giornata per i diritti dell’infanzia e adolescenza
      50. Celebrazione Giornata mondiale della disabilità
      51. Celebrazione Giornata mondiale del volontariato
      52. Celebrazione Giornata della Colletta Alimentare
      53. Distribuzione buoni spesa
      54. Distribuzione pacchi alimentari
      55. Programmi di affido familiare
      56. Interventi di educativa domiciliare
      57. Gestione del Servizio Accoglienza integrata per 50 immigrati richiedenti asilo
      58. Gestione Progetto Spazio Inclusione sociale per integrazione immigrati
      59. Natale solidale
      60. Mercatino della solidarietà
      61. Adozione della Cartella sociale Informatizzata
      62. Giornata raccolta pneumatici
      63. Proposte di modifica Regolamento Toponomastica
      64. Raccolta racconti sul bullismo
      65. Incremento Assistenti sociali del Comune da 1 a 4
      66. Incremento Assistenti sociali del Consorzio su Cassino da 4 a 9
      67. Incremento spazi ufficio Servizi sociali da 4 a 8 stanze
      68. Inserimento figura psicologo tra il personale del servizio sociale
      69. Contributo annuale gestione centri Anziani
      70. Tavolo di co-progettazione con Enti del Terzo settore
      71. Nuovi mezzi trasporto disabili con PMG
      72. Progetto città sostenibile con PMG piantumazione 100 nuovi alberi
      73. Candidatura di Alessandra Umbaldo al Consiglio regionale delle autonomie locali
      74. Contributo determinante all’elezione del Presidente della Provincia
      75. Concerto Morricone con Nello Salsa

       

      Garante infanzia, pubblicato l’avviso

      Garante infanzia, pubblicato l’avviso

      E’ stato pubblicato l’Avviso per la nomina del Garante Comunale dei diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza in attuazione della Delibera di Consiglio comunale n. 112 del 20.07.2021 recante “Istituzione del Garante dei diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza ed approvazione del Regolamento”.
      Il Garante è organo monocratico, con incarico quinquennale, rinnovabile una sola volta.
      Il candidato verrà scelto tra le persone di notoria indipendenza e di indiscussa moralità che dispongono di particolari competenze nel settore della tutela dei diritti dei minori o dell’infanzia, della prevenzione del disagio sociale e dell’intervento sulla devianza minorile, o che abbiano ricoperto incarichi istituzionali di particolare responsabilità e rilievo nell’ambito delle materie sociali.

      Al Garante competono le seguenti funzioni e compiti di cui all’art. 3 del Regolamento istitutivo, approvato con deliberazione di Consiglio Comunale n. 112 del 20.07.2021:

      Il Garante svolge le seguenti funzioni:

      vigila sull’applicazione nel territorio cittadino della Convenzione Onu del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge del 27 maggio 1991, n. 176, nonché della Carta Europea di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata e resa esecutiva con legge del 20 marzo 2003, n. 77, conformemente a quanto stabilito anche a livello nazionale dal Garante per l’infanzia e l’adolescenza, con la legge 12 luglio 2011, n. 112, nonché con quanto stabilito dalle altre Convenzioni internazionali e dalle norme adottate in materia di tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, per quanto rientra nelle attribuzioni e nelle competenze del Comune di Nettuno;

      promuove, con organizzazioni, associazioni, istituzioni impegnate nel settore della cultura per l’infanzia e per l’adolescenza, iniziative finalizzate al riconoscimento del valore, della dignità e dei diritti dei minori;

      può partecipare e collaborare, e ove possibile, promuovere, iniziative collegate alla Giornata dei Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 20 novembre, istituita ai sensi della legge 23 dicembre 1997, n. 451;

      vigila sui fenomeni di esclusione sociale, di discriminazione dei bambini e degli adolescenti, per motivi di sesso, di religione o di appartenenza etnica verificando, tramite la collaborazione con i soggetti preposti, che alle persone di minore età siano garantite pari opportunità di accesso ai diritti;

      promuove iniziative per la prevenzione e la protezione dai rischi di espianto di organi, di mutilazione genitale femminile (MGF), di abuso sessuale e di sfruttamento pornografico;

      vigila sui fenomeni dei minori scomparsi, sulla presenza nel territorio di minori non accompagnati, dei minori abbandonati non segnalati ai servizi sociali o alla magistratura minorile; nonché verifica le condizioni dei minori stranieri non accompagnati e gli interventi attuati in loro favore;

      vigila sui fenomeni dell’evasione e dell’elusione dell’obbligo scolastico e dello sfruttamento del lavoro minorile, in collaborazione con gli enti competenti e con le organizzazioni competenti e del privato sociale, al fine di prevenire l’inveramento di ogni situazione di pregiudizio, abuso, maltrattamenti;

      vigila sul trattamento dei minori in tutti gli ambienti esterni alla famiglia, e in particolare nei luoghi in cui essi sono inseriti per disposizione dell’autorità giudiziaria e attraverso servizi i sociali, segnalando all’autorità amministrativa e all’autorità giudiziaria le situazioni che richiedono interventi immediati di ordine assistenziale o giudiziario;

      promuove, in collaborazione con le Istituzioni e i servizi competenti, la cultura e la pratica dell’affidamento familiare;

      può promuovere, anche in collaborazione con gli enti, le strutture territoriali competenti e le associazioni, iniziative a favore dei minori affetti da malattie di rilevante impatto sociale, sotto il profilo della prevenzione, della diagnosi precoce, dei trattamenti terapeutici, della riabilitazione, al fine di garantire loro un trattamento ottimale;

      ascolta, ove ritenuto opportuno, anche direttamente, i bambini e gli adolescenti che intendano parlargli, in presenza di una persona maggiorenne di riferimento, adoperandosi perché le loro esigenze, se ritenute fondate e legittime, vengano prese in seria considerazione come da loro richiesto e portate a conoscenza delle Autorità competenti per essere dalle stesse esaminate;

      segnala alle Amministrazioni pubbliche competenti i fattori di rischio o di danni per i minori derivanti da situazioni ambientali carenti o inadeguate dal punto di vista igienico sanitario;

      può esprimere parere, non vincolante, sugli atti di carattere generale in materia di interventi riguardanti l’infanzia e l’adolescenza;

      può promuovere e sostenere la nascita di tutori volontari;

      può promuovere con le Amministrazioni interessate, protocolli di intesa utili a poter espletare le sue funzioni anche attraverso verifiche dirette delle condizioni dei minorenni in ogni situazione essi si trovino, previo consenso dei soggetti esercenti le responsabilità genitoriali, dirette o vicarie, e con i responsabili delle strutture stesse;

      può attivare azioni e progetti specifici di studi, promozione, comunicazione e formazione dei, o sui, diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, autonomamente, o con il supporto dell’ufficio comunale competente o dei soggetti del terzo settore o dei soggetti privati competenti in materia;

      collabora con il Garante nazionale e regionale.

      L’incarico di Garante sarà svolto a titolo gratuito.

      La domanda, il curriculum, dovranno pervenire al Comune di Cassino ENTRO E NON OLTRE LE ORE 12.00 DEL DECIMO GIORNO SUCCESSIVO ALLA PUBBLICAZIONE DEL PRESENTE AVVISO SULL’ALBO PRETORIO ONLINE, a pena di esclusione, con una delle seguenti modalità:

      • tramite PEC al seguente indirizzo: servizio.protocollo@comunecassino.telecompost.it;
      • consegnata a mano presso l’Ufficio Protocollo Generale del Comune di Cassino.

      ALLEGATI

      1. Regolamento Garante comunale per i diritti dell’Infanzia e Adolescenza
      2. Determina n. 123 del 15/01/2024
      3. Avviso pubblico e Modello di domanda
      Istituito il Consiglio comunale dei Giovani

      Istituito il Consiglio comunale dei Giovani

      Istituito a Cassino il Consiglio comunale dei Giovani (15-25 anni) con il voto unanime dei Consiglieri presenti in Aula.
      Un organismo che rende realmente partecipi i giovani, rendendoli responsabili e propositivi nella vita politica e amministrativa della comunità. E’ il primo passo verso la costruzione di una cittadinanza attiva e partecipativa. Abbiamo bisogno del protagonismo giovanile perché la nostra società evolve velocemente e le idee, così come l’operatività dei giovani, devono avere un ruolo centrale nell’agenda politica e amministrativa se vogliamo costruire una società solidale e al passo con i tempi.
      Il Consiglio Comunale dei Giovani è anche un’opportunità per noi amministratori di poterci confrontare con le nuove generazioni che vivono e percepiscono il territorio da un’angolatura diversa.
      Bellissima la presenza di una rappresentanza del Gruppo Scout CNGEI, segno che da parte dei giovani c’è voglia di impegno e di partecipazione. Buona strada, ragazzi!

      Il Consiglio regionale del Lazio, con la Legge regionale n. 20 del 2007 approvava un dispositivo finalizzato a promuovere strumenti di partecipazione istituzionale delle giovani generazioni alla vita politica e amministrativa locale.
      Con questa legge la regione riconosce e favorisce l’istituzione, lo sviluppo e l’interazione dei consigli comunali dei giovani al fine di:
      promuovere la partecipazione dei giovani alla vita politica e amministrativa locale;
      facilitare la conoscenza, da parte dei giovani, dell’attività e delle funzioni dell’ente locale;
      Tra l’altro, ogni anno, la Regione Lazio assegna contributi ai Comuni che hanno istituito il Consiglio comunale dei giovani.

      La Giunta regionale del Lazio, con Delibera n. 27 del 2008, approvava gli Indirizzi per la costituzione ed il funzionamento dei consigli comunali dei giovani al fine di assicurarne i requisiti minimi di uniformità in ambito regionale.
      In tale documento di indirizzo è specificato che il Consiglio comunale dei Giovani si rivolge a tutti i giovani residenti nel comune di appartenenza ed aventi un’età compresa fra i 15 e i 25 anni.
      Essi possono:
      presentare proposte di deliberazione al Consiglio comunale e alla Giunta;
      esprimere pare preventivo, anche se non vincolante, su tutti gli atti emanati al Consiglio comunale, dal Sindaco e dalla Giunta che riguardano specificatamente i giovani o la condizione giovanile compresa nella fascia 15-25 anni.

      Nella nostra città di Cassino, ad oggi, risiedono 3.138 giovani in quella fascia d’età. 1.635 ragazzi e 1.503 ragazze. Tremila cittadini ai quali si aggiungo i tantissimi giovani che vivono Cassino nella loro qualità di studenti fuorisede o addirittura stranieri. E i tantissimi altri che arrivano dai paesi vicini, la sera e nei weekend per vivere il loro tempo libero.

      Si tratta di migliaia di ragazzi che hanno il diritto di partecipare al progresso della città, al miglioramento delle condizioni di vita della loro fascia d’età, che hanno il diritto di esprimersi su tutte le politiche cittadine che in qualche modo hanno una ricaduta sulla loro vita: dalle scuole all’università, dai trasporti alle politiche sociali, dalla cultura alle strutture per il tempo libero.

      D’altra parte è responsabilità di noi adulti promuovere fra i giovani una cittadinanza responsabile anche attraverso la conoscenza e la partecipazione alla vita della comunità e delle sue Istituzioni.

      I giovani di questo nostro tempo sono in qualche modo sopravvissuti alla terribile esperienza del lockdown e assistiamo fra loro al sempre crescente fenomeno dell’isolamento sociale. Non solo. Per questi giovani i drammi planetari arrivano uno dopo l’altro: Pandemia, Guerra in Ucraina, Guerra Israele-Palestina… drammi che minano fortemente la fiducia nel futuro. per non parlare dei NEET, una generazione in panchina, come è stata definita nel Rapporto Giovani 2022 dell’istituto Toniolo. Solo nel 2023 il nostro Sportello di ascolto psicologico per adolescenti ha erogato quasi mille ore di consulenza.

      Secondo l’ISTAT – ma lo vediamo nella nostra esperienza quotidiana – la partecipazione politica dei giovani è ai minimi storici ed è dovuta per lo più a mancanza di fiducia verso le istituzioni e mancanza di interesse verso politiche che invece spesso li riguarda da vicino.

      Oggi, con questa proposta, vogliamo assumere l’impegno e la responsabilità di costruire un’opportunità di partecipazione dei nostri giovani alla vita politica, amministrativa, democratica della nostra comunità. Vogliamo offrire un’occasione in più per avvicinare i giovani alla politica permettendo loro di sperimentare gli strumenti della democrazia.

      I giovani hanno sempre più l’impressione che non avranno una vita adulta responsabile e pienamente realizzata per questo dobbiamo incoraggiare i ragazzi a impegnarsi nella conoscenza dei loro diritti e dei loro doveri, affinché possano desiderare un cambiamento e operare per il miglioramento dell’ambiente che li circonda.

      Il Consiglio Comunale dei Giovani è un organismo che rende realmente partecipi i giovani, rendendoli responsabili e propositivi nella vita politica e amministrativa della comunità. E’ il primo passo verso la costruzione di una cittadinanza attiva e partecipativa. Abbiamo bisogno del protagonismo giovanile perché la nostra società evolve velocemente e le idee, così come l’operatività dei giovani, devono avere un ruolo centrale nell’agenda politica e amministrativa se vogliamo costruire una società innovativa e al passo con i tempi
      Il Consiglio Comunale dei Giovani è un’opportunità innanzitutto per noi amministratori di poterci confrontare con le nuove generazioni che vivono e percepiscono il territorio da un’angolatura diversa. Il Consiglio Comunale dei Giovani è senz’altro un’occasione per rendere questi ragazzi partecipi e responsabili sui temi che ogni giorno affrontiamo.
      Si tratta un ulteriore punto qualificante del nostro programma elettorale che abbiamo rispettato e portato a termine. Un’iniziativa di grande valore sociale che incentiva fortemente  la partecipazione giovanile alla vita politico – amministrativa della nostra città. Siamo convinti  che il contributo che verrà dal Consiglio dei Giovani arricchirà il dibattito sulle scelte programmatiche, in particolare per quelle che riguardano il futuro.

      Un cammino condiviso e unitario

      Un cammino condiviso e unitario

      Elezioni PROVINCIALI: Grande vittoria del centrosinistra unito che conquista 5 seggi con oltre il 35% dei consensi e mantiene la maggioranza in Provincia di Frosinone.
      Congratulazioni a tutti gli eletti e in particolare a Gino Ranaldi, Consigliere provinciale della nostra città di Cassino ed i migliori auguri di buon lavoro a tutti per il bene e la crescita di tutta la comunità del nostro territorio provinciale.
      La Provincia dei cittadini (Pd, Demos, Azione, Italia Viva, Possibile), lista costruita in questi mesi per unire partiti e movimenti democratici e progressisti, sta a dimostrare che il centrosinistra unito vince e governa con serietà e risultati concreti. Ed è questa la migliore prospettiva possibile di fronte ad una destra che a livello regionale e nazionale non è capace di dare risposte.
      Un voto provinciale straordinario che investe ancora di più di responsabilità il centrosinistra ed i suoi eletti da oggi chiamati ad un impegno serio e costante per innalzare la qualità della vita in tutti i 91 Comuni della nostra Provincia di Frosinone.
      La Provincia dei Cittadini: un progetto politico da continuare a far crescere per dare risposte concrete ai problemi della nostra comunità: lavoro, ambiente, attenzione ai più fragili, viabilità, sviluppo.
      Un cammino condiviso e unitario per il bene comune.
      Provinciali, lista unitaria.

      Provinciali, lista unitaria.

      Crediamo molto nella necessità di un centrosinistra forte e unito dove la ricchezza delle varie espressioni possa essere valorizzata in un clima di condivisione e di partecipazione.
      Di fronte ad un centrodestra che sta dimostrando a tutti i livelli insufficienza di risposte ai bisogni delle persone, il lavoro di squadra è l’unica risposta possibile per il nostro territorio.
      La lista unica del centrosinistra per le prossime elezioni provinciali è soprattutto l’apertura di un laboratorio politico che ci vede insieme di fronte alla sfida del bene comune.
      Una sfida che il centrosinistra ha già dimostrato di saper cogliere.