Non siamo noi che “salviamo” i bambini che hanno necessità di un ambiente familiare aggiuntivo a quello di origine. Sono loro, sono quei bambini, che salvano noi. Ci salvano come società, come istituzioni, come mondo degli adulti. Ci danno la possibilità di cogliere l’occasione per restituire dignità al nostro ruolo di adulti, genitori, amministratori. Perché una società, come è quella italiana, che ha mezzo milione di minori in carico ai servizi sociali, forse un po’ in discussione dovrebbe mettersi.
Devo dire che da Assessore alle politiche sociali non mi mancano motivi di orgoglio per i risultati raggiunti in questi primi anni di promozione dell’istituto dell’affido familiare. Risultati raggiunti prima grazie agli assistenti sociali dell’area minori guidati dalla dott.ssa Silvia Crolla.
Poi grazie al Consorzio dei Servizi sociali che, grazie alla sensibilità e alla disponibilità del suo presidente, Simone Costanzo, del suo direttore, Emilio Tartaglia ma soprattutto della dott.ssa Federica de Santis che è la coordinatrice dell’area Sociale, ha sposato l’idea, rilanciando, attraverso l’istituzione del Centro Consortile per l’Affido Familiare che è ospitato a Cassino in uno dei locali confiscato alla criminalità organizzata. In maniera molto significativa questi spazi sono stati recuperati alla cultura e alla promozione sociale.
Ma l’obiettivo che avevamo in testa già 3 anni fa, la cosa che secondo me garantisce nel tempo la continuità di questa iniziativa, della promozione dell’affido familiare, a prescindere dall’impegno istituzionale che potrebbe essere discontinuo, la garanzia ce la può dare solamente l’amore e la passione delle famiglie affidatarie che quest’anno si sono riunite in questa associazione che – lasciatevelo dire – ha un nome un po’ articolato… “In punta di piedi, a braccia aperte” ma che restituisce chiaramente lo stile di queste famiglie, uno stile improntato alla straordinaria capacità di accoglienza e all’umiltà di chi si mette al servizio degli altri!!!
Oggi promuovere l’affido familiare è un dovere istituzionale ed è una risposta ad un bisogno di accoglienza di cui forse non ci rendiamo veramente conto: in Italia sono oltre 400 mila i minori seguiti dai servizi sociali. E noi sappiamo bene, gli assistenti sociali meglio di me, quanto è importante per un bambino crescere in un ambiente in cui possa sentirsi amato. E’ l’unico modo che ha il bambino per darsi valore come persona. E il modo migliore per rispondere a questo bisogno è esattamente quello dell’affido familiare. Per cui voglio ringraziare – e non lo faremo mai abbastanza – le famiglie affidatarie che sono qui stasera.
E speriamo che aumentino sempre di più, per questo è necessario incrementare la realizzazione di eventi, facilitare anche la diffusione delle diverse forme di solidarietà familiare: non solo residenziale ma anche più leggero ad esempio diurno se il bambino rimane nella famiglia di origine. Il tema della prossimità solidale può essere ampiamente declinato. Perché, è giusto ripeterlo, e sta proprio qui la straordinarietà del gesto d’amore delle famiglie affidatarie, l’affido familiare non è l’anticamera dell’adozione ma ha come obiettivo garantire al minore l’affetto familiare che manca nella famiglia d’origine. E bisogna lavorare insieme affinché quelle condizioni affettive possano essere ripristinate nella famiglia d’origine, anche se sappiamo che in diversi casi questo può essere difficilissimo.
E quindi entra in gioco il tema della RESPONSABILITA’ CONDIVISA che abbiamo insieme, istituzioni e associazioni delle famiglie affidare nella promozione di questo istituto.
Una condivisione che può portarci a cogliere, ripeto, anche il ventaglio di possibilità che questo istituto offre, anche tentando delle innovazioni proprio per tenere al centro la persona invece che le normative. Penso al sostegno scolastico pomeridiano, all’affidamento diurno, penso all’appoggio che le famiglie potrebbero dare anche a minori collocati in casa famiglia, penso agli spazi di socializzazione che potrebbero favorire l’amicizia tra famiglie fragili e famiglie (tra virgolette) normali. Oggi si vanno diffondendo ad esempio esperienze di affido culturale. Sono comunque forme intermedie che richiamano tutte la cultura della solidarietà familiare che dobbiamo diffondere.
Ma io dico che le soluzioni organizzative non bastano, non cambiano veramente la realtà. E’ l’apertura del cuore che cambia la vita delle persone e noi come Istituzioni ci siamo messi a disposizione di chi, come voi, quel cuore ha avuto il coraggio di aprirlo, diventando testimonianza di una scelta di vita. E oggi dobbiamo fare in modo che sempre più persone, sempre più famiglie abbiano la possibilità di incontrare questa esperienza. Perché ci sono incontri che ti cambiano la vita, lo sappiamo. Per questo non possiamo smettere di raccontare la bellezza di questa esperienza.
Continuiamo a mobilitarci coinvolgendo istituzioni, associazioni del terzo settore, operatori dei servizi pubblici, amministratori, affinché nuove alleanze e nuove strategie possano maturare e facciano registrare un passo avanti nella capacità della nostra società di proteggere chi è nel disagio, specie se minorenne e privo di adeguati supporti familiari.
Grazie a voi per la ricchezza che donate alla comunità di questo territorio.
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