Cattolici e politica, dopo Milano.

Cattolici e politica, dopo Milano.

L’ex senatore Lino Diana ha raccolto e rilanciato in termini di impegno le inquietudini espresse dalla componente cattolico democratica del Pd, riunita a Milano da Pier Lugi Castagnetti e Graziano Del Rio alla presenza anche di Romano Prodi. L’ex parlamentare di Boville Ernica in particolare, nell’intervista rilasciata a Frosinone News – LEGGI QUI, ha indicato in Demos la componente che può rappresentare l’intera area, a patto che il partito guidato nel Lazio da Paolo Ciani confluisca nel Pd, pur conservando una chiara visibilità. Abbiamo chiesto l’opinione sull’ipotesi di “fusione” a Lugi Maccaro, coordinatore provinciale di Demos Frosinone.

“Il rapporto fra Demos e Partito Democratico – ha risposto – è di piena collaborazione nell’ambito della coalizione di centrosinistra. Ma oggi, con la polarizzazione portata al massimo, è evidente che il cattolicesimo democratico e il cristianesimo sociale hanno bisogno di margini d’azione, spazi di rappresentanza, possibilità di incidere concretamente. Questo spiega il fermento partito a Trieste nella Settimana sociale, passato per l’incontro di Milano e destinato a ritrovarsi a Roma quanto prima. Quindi accogliamo volentieri l’invito del Sen. Lino Diana ad essere “lievito” per allargare il perimetro di rappresentanza culturale e politica ma ciò che conta in questo momento è camminare insieme, confrontarsi, costruire soluzioni condivise per dare risposte alle persone, alle famiglie, alle imprese. Lino è il più autorevole rappresentante del cattolicesimo democratico, non solo della nostra Provincia, e per questo è un punto di riferimento per tutti noi a prescindere dal partito in cui militiamo”.

Il confronto continuo tra Paolo Ciani e Graziano Del Rio

  • Quindi Demos non intende confluire e fondersi?

“L’interlocuzione tra Paolo Ciani e Graziano Delrio non è affatto recente. È la dimostrazione che fra cattolici democratici ci si parla da sempre. Ora però da più parti si avverte il bisogno anche di organizzarsi. Che non significa fare partiti o correnti. Significa trovare il modo per coordinare azioni capaci di dare risposte concrete ai bisogni delle persone, significa restituire speranza a quelli che non vanno più a votare perché non si sentono né di destra né di sinistra e che non trovano risposte alle loro preoccupazioni. La partecipazione alla vita democratica del Paese è il presupposto indispensabile per il progresso altrimenti tutto resta sempre più nelle mani dei soliti pochi noti. La democrazia si salva con la partecipazione. Ora è inutile che ci si continui a dividere sui temi etici: le famiglie vogliono sentir parlare della famiglia punto. Non importa di che tipo di famiglia si tratti, la famiglia è la famiglia. E come dice la Costituzione è la cellula fondamentale della società e va sostenuta innanzitutto con il lavoro, con l’istruzione e con l’assistenza sociale e sanitaria. Come ha detto Paolo Ciani a Milano, siamo stanchi di essere considerati di sinistra quando parliamo di pace e di immigrazione e moderati o di destra quando parliamo di eutanasia e gestazione per altri. Siamo le stesse persone e il tempo della prepolitica è finito, ora vogliamo partecipare attivamente e fare la nostra parte a tutti i livelli”.

  • Quale l’apporto con cui intendete arricchire la linea d’azione dei dem?
don Antonio Mazzi ed Ernesto Maria Ruffini

“Purtroppo la narrativa degli ultimi anni è stata presidiata dai populisti di destra e di sinistra. I temi più rilanciati anche dalla stampa, dobbiamo dircelo, sono quelli più divisivi: fare un titolo sugli immigrati, sulla cultura gender o sulla legalizzazione delle droghe in questi anni è stato fin troppo facile. Più faticoso invece parlare di famiglia, di lavoro, di istruzione. Se vogliamo avere un’idea di come sarà l’Italia, e pure la nostra provincia, dobbiamo guardare a che cosa sono oggi la scuola e l’università. E’ lì dentro che si costruiscono veramente le cose nuove che vivranno i nostri figli. Ma è l’ultima cosa che interessa chi sta al Governo. E pure la politica estera è scambiata per un luogo dove fare tifoseria anziché costruire destini comuni. Altrimenti non ci sarebbero tante guerre in corso. Noi abbiamo chiarissimo il pericolo dei nazionalismi e dei sovranismi e siamo impegnati ogni giorno per la pace e la giustizia sociale. Siamo tanti e siamo in tutte le forze politiche: la scommessa di questo tempo è quella di connettersi e lavorare insieme. Serve coraggio per vivere questo tempo presente. Proprio perché è difficile non possiamo girarci dall’altra parte”.

La strada da seguire segnata dalla Dottrina sociale della Chiesa

  • Perché c’è bisogno dei cattolici in politica, in ultima analisi?

“Ad ascoltare l’intervento di Trump al suo insediamento alla Casa Bianca sembra che nella società odierna non ci sia più spazio per l’amicizia tra i popoli, per la solidarietà verso gli ultimi, per il dialogo costruttivo anche fra parti opposte. E visto che questo sembra essere il vento che soffia dovunque nel mondo, c’è bisogno di riaffermare la cultura del noi, il progresso orientato a sostenere i più fragili, l’attenzione soprattutto alla classe media che non arriva a fine mese. Soprattutto il tema della speranza, della fiducia nel futuro che vede nella denatalità uno degli effetti più preoccupanti. E quindi – come ha detto l’altro ieri il cardinale Zuppi – c’è bisogno che i cristiani, guidati dai principi della Dottrina sociale della Chiesa, partecipino con passione e responsabilità al dibattito pubblico e contribuiscano alla costruzione del bene comune. E’ tutto qui il senso del nostro impegno in politica. Attraverso azioni concrete per promuovere solidarietà e giustizia sociale”.

 

Ordinanze ok ma chi le rispetta?

Ordinanze ok ma chi le rispetta?

Radio Cassino Stereo, intervista di Rita Cacciami | Sulla movida e sugli adolescenti ho fatto una chiacchierata con Rita Cacciami ai microfoni di Radio Cassino Stereo. Si inaspriscono le regole ma quando avremo un presidio stabile delle Forze dell’ordine affinché le ordinanze vengano rispettate? Affinché i nostri figli possano contare su uno Stato che li protegga dai pericoli della cosiddetta “malamovida”?

https://youtu.be/cL-rpRmdDVo?si=9DpxYKfJZrFFmETa
Intervista con Rita Cacciami su Radio Cassino Stereo

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La normalizzazione delle dipendenze

La normalizzazione delle dipendenze

Danilo Del Greco intervista per Ciociaria Oggi Luigi Maccaro, responsabile della Comunità Exodus di Cassino per definire i contorni di un fenomeno che ha assunto dimensioni enormi. Vittime privilegiate i minori.

Consumo di sostanze stupefacenti in Ciociaria: quali sono le dimensioni del fenomeno? Chi cade più spesso nelle tossicodipendenze e perché? Quali le sostanze più in uso? Come se ne esce? Iniziamo oggi un “viaggio” nel mondo delle dipendenze da droga che ci porterà a scoprire, a livello territoriale, i contorni di un problema di portata sempre più ampia e grave. Prima tappa, Cassino e il Cassinate. A farci da guida, dall’alto dei suoi oltre 30 anni di attività e da un osservatorio assolutamente privilegiato, è Luigi Maccaro, responsabile della Comunità di recupero per tossicodipendenti Exodus con sede nella Città Martire e assessore comunale ai Servizi sociali della stessa.

Assessore, se dovesse definire la situazione attuale con un aggettivo quale userebbe?
«Più che un aggettivo userei un sostantivo che solo a pronunciarlo può far venire i brividi: normalizzazione. Lo uso in quanto, rispetto a 20-30 anni fa, oggi il consumo di stupefacenti, specie fra i più giovani, è divenuto, appunto, normale. Per i ragazzi e i ragazzini fare uso di droghe fa parte ormai della routine quotidiana. E questo ha fatto sì che negli ultimi anni ci sia stata una vera esplosione del consumo».

Ha parlato di ragazzini: quindi l’età media del consumo si è abbassata ulteriormente?
«Sì. Oggi i primi approcci con le droghe, in questo caso la cannabis, arrivano già tra i banchi delle scuole medie, perciò fra gli 11 e i 14 anni. E il dato che maggiormente preoccupa è che a farvi ricorso è oltre il 30% dei minori. Per loro, come dicevo, è diventata una pratica del tutto normale: se ne fa uso regolarmente, soprattutto fra amici e nei fine settimana. Inoltre, quasi sempre la cannabis è associata ad alcol e, nei casi più gravi, a psicofarmaci, entrambe sostanze di facile reperibilità anche in casa dove sonniferi, benzodiazepine e altro sono ormai all’ordine del giorno. Una combinazione di sostanze che i minori, ma non solo loro, utilizzano per amplificare gli effetti della cannabis». 

Qual è l’origine di questo ricorso massiccio alle droghe da parte dei giovani?
«Le radici affondano nel malessere generazionale che affligge i nostri ragazzi. La maggior parte di essi hanno un grande vuoto dentro, non hanno progetti di vita, rincorrono ideali e stereotipi vacui e privi di sostanza che li porta ad alienarsi e a perdere di vista la realtà. Un problema che nasce, spesso, per l’assenza di autorevoli figure educative quali un tempo erano la famiglia e la scuola. Agenzie educative che oggi hanno perso autorevolezza e che non riescono più a trasmettere valori e ideali di vita sani. I nostri giovani e giovanissimi non hanno più figure educative di riferimento e di conseguenza in numero sempre crescente intraprendono percorsi che li portano dritti nel tunnel della dipendenza.

E attenzione: mentre 20 anni fa tale dipendenza era esclusivamente fisica, per cui la disintossicazione passava per alcune settimane di astinenza guidata e a base di antidolorifici, ormai da anni è diventata di tipo prettamente psicologico, e qui uscire dal tunnel è sempre più difficile, anche se ovviamente non impossibile. Insomma, la situazione è drammatica, ecco: qui un aggettivo posso usarlo, e la normalizzazione in atto del fenomeno fa impressione. Venti anni fa abbiamo lanciato l’allarme che però è rimasto inascoltato e oggi scontiamo le conseguenze. Tanto più che la legge sulla droga risale al 1990, 30 anni fa, in pratica preistoria. Una normativa non più adeguata che andrebbe modificata radicalmente di fronte ad un peggioramento del quadro generale da allarme rosso». 

Perché ragazzini e ragazzi, che in teoria dovrebbero avere tutto, si gettano nelle braccia mortali della droga?
«La risposta sta in una parola: noia. Non avendo, come detto, ideali sani e progetti di vita concreti, usano gli stupefacenti in modo ricreativo, per provare quelle emozioni che dentro di loro non hanno più o non hanno mai avuto. Purtroppo, diventa un circolo vizioso: più si ricorre alle droghe per evadere e sentirsi vivi, più si diventa dipendenti da esse e più ci si allontana dalla vita vera». 

Spesso, secondo alcuni recenti studi, la dipendenza dalle droghe è figlia legittima della dipendenza dalle nuove tecnologie…
«Verissimo. Si tratta di un problema nel problema. I ragazzi, abbandonati da famiglie e con una scuola a volte poco attenta, finiscono per passare giornate intere con lo smartphone, attaccati alla play station, incollati alla tv o ai videogiochi, con danni per la loro psiche inimmaginabili. Gli scienziati hanno dimostrato che l’uso smodato che oggi si fa delle nuove tecnologie ha portato ad una modifica della struttura cerebrale per cui staccarsi da questi dispositivi diventa un’impresa titanica. Pensi che raccogliamo di frequente il grido di aiuto di genitori disperati che ci raccontano di figli addirittura con le piaghe da decubito a causa di giorni e giorni passati a letto con cellulari o play. Senza parlare delle assenze da scuola o degli abbandoni definitivi, diretta conseguenza della dipendenza dalle nuove tecnologie. Ancora: alcuni genitori ci hanno detto di aver anche tre volte gettato dalla finestra la play station dei figli e di essere poi stati costretti a riacquistarla di fronte al malessere profondo in cui erano caduti i ragazzi. Tutto ciò prepara il terreno al passaggio alle dipendenze dalle droghe, visto che la struttura cerebrale dei ragazzi è già modificata e predisposta ad esse».

Detto dell’età, ormai giunta ai calzoncini corti, quali sono le sostanze più in uso?
«Sicuramente la cannabis, e qui gli spacciatori si sono gettati a capofitto in questo mercato ricchissimo creando prodotti adatti al consumo e alle tasche dei minori. Sempre più facile è trovare microdosi da pochi euro che poi, amplificate con alcol e psicofarmaci, sortiscono effetti devastanti per organismi giovani e in formazione come quelli dei minori. Poi c’è la cocaina (e l’Italia è il primo Paese europeo per consumo) anche se qui l’età si alza e investe per lo più gli adulti, specie i professionisti che vogliono brillare nel loro lavoro. Ma pure i minori ormai sono dentro quest’altro tunnel. Il mercato si è adeguato e gli va incontro con dosi confezionate ad hoc, spesso tagliate con raschiatura dei muri al fine di aumentarne la quantità mantenendo basso il costo, o con altri veleni dagli effetti imprevedibili e spesso micidiali. Insomma, quando si acquista una dose di cocaina, cannabis o altri stupefacenti, non si può mai sapere cosa si introduce nel proprio corpo».

E l’eroina? E’ scomparsa?
«Assolutamente no. Chi ne era schiavo anni fa continua ad usarla, se non è morto, mentre spesso viene utilizzata come compensazione della cocaina: in pratica, la seconda crea una sorta di euforia che poi deve essere annullata con la prima sostanza».

Lei è responsabile della Comunità di recupero Exodus di Cassino: quanti ragazzi avete in carico adesso, per quali problematiche e da dove provengono i vostri ospiti?
«Al momento abbiamo 20 ospiti, in gran parte provenienti da altre province, che accusano le forme classiche di dipendenza da droghe o dalle nuove tecnologie. La provenienza? Una volta arrivavano tutti dalla strada e da contesti sociali e familiari di disagio. Oggi no, oggi sono persone normali, con alle spalle famiglie in apparenza normali ma che invece nascondono malesseri profondi, frutto dell’individualismo di tanti genitori che pensano prima a se stessi e poi, forse, ai figli»

Colpa più dei ragazzi o delle agenzie educative quindi?
«Ai ragazzi personalmente non do alcuna colpa: sono le prime vittime di una società sbagliata, che gli inculca modelli di vita errati, basta guardare certi programmi in tv, e che sono stati privati, senza loro responsabilità, di guide e fari sicuri e certi come esistevano una volta. Certo, ci sono ancora famiglie sane e scuole all’avanguardia in questo contesto, ma sono sempre più mosche bianche». 

Come se ne esce?
«Occorre una grande presa di coscienza da parte del mondo degli adulti accompagnata da grandi investimenti. Oggi la lotta alla droga, a parte lo straordinario lavoro delle forze dell’ordine, è affidata prevalentemente alla buona volontà di pochi volontari. Poi ci sono i progetti nelle scuole, ora però sospesi per via del Covid, e, come detto, va riscritta la legge che disciplina il settore».

È cambiato il concetto di dipendenza?
«Radicalmente. Venti o dieci anni fa tale sostantivo era abbinato solo alle droghe. Poi, progressivamente, si è passati all’alcol, alle ludopatie. Oggi il ventaglio si è allargato a dismisura: abbiamo detto delle nuove tecnologie che stanno provocando danni irreparabili ai nostri ragazzi bruciandogli sogni e futuro. Ma poi come non considerare dipendente la pensionata che ogni mattina, prima di iniziare la propria giornata, va ad acquistare i suoi gratta e vinci con cui tentare l’impossibile colpo di fortuna? O come non annoverare nella categoria delle dipendenze i mariti che tradiscono sistematicamente le mogli in quanto essi stessi vittime dei siti porno?»