Da settembre il cellulare resta a casa o al massimo chiuso nello zaino. Ritorna il caro vecchio diario di carta per segnare i compiti. Smartphone banditi dunque, anche per uso didattico sotto il controllo degli insegnanti.
L’uso eccessivo della tecnologia ha un impatto negativo e potenzialmente pericoloso sullo sviluppo cognitivo dei ragazzi. Per non parlare del crollo del rendimento scolastico degli adolescenti. Distrazione, perdita di memoria e di concentrazione, diminuzione della capacità dialettica e di spirito critico. Con tanto di studi scientifici a supportare la decisione del Ministro accolta con favore da tanti genitori rassicurati dal provvedimento.
Insomma il nemico smartphone è messo all’angolo. Ed ora? Assisteremo ad un cambiamento generazionale epocale? Ai social abbiamo dato la colpa di fronte ai ragazzi depressi, a quelli che si comportano male con gli adulti, a quelli che non vanno bene a scuola, di fronte agli episodi di bullismo e alle sfide pericolose. Tutto il disagio e la sofferenza giovanile di questi anni hanno trovato una causa, il famigerato cellulare che adesso dovrà vedersela con il Ministro dell’Istruzione. Quanto ci piace semplificare la complessità del nostro tempo! Anche perché così abbiamo più tempo per postare su tutti i social le nostre opinioni, la nostra vita privata, la rappresentazione di noi stessi che ci fa sentire all’altezza di una timeline straboccante di modelli di successo. Sarà anche per questo che andiamo perdendo credibilità di fronte ai ragazzi?
Torniamo a fare gli adulti
Non c’è dubbio che oggi fare il genitore è più complicato di ieri: l’era digitale mette i ragazzi su un piano diverso dal nostro approccio “analogico” alle cose della vita. Però l’uso smodato della tecnologia e dei social, diciamocelo, riempie un vuoto, per un per un bel po’ di tempo delle nostre giornate. E poi lascia un vuoto ancora più profondo. E piano piano diventa come una droga. Ti da la sensazione di benessere, di euforia, ti fa dimenticare i problemi, poi finisce l’effetto e i problemi tornano ingigantiti. E si ricomincia. Un circolo vizioso che giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno ci va trasformando in adulti sempre meno adulti e sempre più adolescenti. Sempre più fragili. E magari pensiamo anche che i nostri figli non se ne accorgano. Però tutti a parlare della fragilità degli adolescenti confortati da studi, statistiche, esperti e gridi d’allarme.
Fuori il cellulare, dentro l’educazione digitale
Mettere al bando il cellulare non basta. A noi adulti, a scuola e in famiglia, resta il compito di educare ad un uso consapevole e responsabile dello smartphone e dei social. Da dove si comincia? Con un po’ di umiltà bisogna imparare alcune cose prima di spiegarle ai ragazzi. In rete si trova di tutto ma anche questo approccio rischia di essere semplicistico di fronte a questioni così complesse. La cosa migliore è partecipare a qualche momento formativo rivolto agli adulti, genitori e insegnanti, con la presenza di esperti. Gli incontri “in presenza” sono importanti perché consentono di confrontarsi, porre dubbi, sperimentare gli strumenti, ad esempio di parental control, condividere soluzioni, buone prassi e abbassare il livello di ansia. Il primo bisogno dei genitori è quello di non sentirsi soli perché il senso di impotenza ovviamente prelude all’atteggiamento rinunciatario. E a forza di rinunciare ad educare i figli stiamo finendo per rinunciare a farli i figli.
L’Università della Famiglia
Ci sono tante realtà del terzo settore, ma anche Scuole e qualche Comune, che organizzano incontri di formazione per genitori ed insegnanti. Exodus ha lanciato diversi anni fa l’Università della Famiglia che, anche quest’anno, ad ottobre, riaprirà le attività con incontri animati da esperti con lunga esperienza di lavoro con gli adolescenti, nel campo del disagio giovanile, delle dipendenze, della relazione educativa e della progettazione sociale. La famiglia e la scuola sono i fattori di protezione più importante contro la sofferenza che galoppa tra i giovani, soprattutto dalla pandemia in poi. Informarsi, capire ed educare è un compito e una responsabilità a cui non possiamo sottrarci. Proviamo a farlo insieme, proviamo a farlo tutti.
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